L'esistenza nell'assenza nelle tessiture di Chiharu Shiota

L’esistenza nell’assenza nelle tessiture di Chiharu Shiota

Siete mai stati completamente catturati in un’opera d’arte? Siete mai stati trascinati in una grande ragnatela di ricordi? Se così non fosse, non siete mai inciampati nelle straordinarie tessiture di Chiharu Shiota.

Chi è Chiharu Shiota?

Chiharu Shiota (1972, Osaka, Giappone) è un’artista giapponese che vive e lavora a Berlino. Allieva di Marina Abramović, oggi è un’artista nota sul panorama internazionale.

Nella sua poetica artistica Shiota esplora l’esistenza umana facendo uso di diversi medium quali; disegni, sculture, fotografia e video, ma soprattutto è ricordata per le sue sue immense e spettacolari installazioni architettoniche in filo che intrappolano una varietà di oggetti comuni quali; vestiti, letti, scarpe e valigie e cimeli esterni creando un’esistenza nell’assenza. La scelta di questi oggetti non è casuale, essi rappresentano infatti cimeli intrisi di memorie, ricordi delle persone cui appartenevano. L’artista si appropria di questi oggetti e li inscena nelle sue installazioni per creare narrazioni soggettive e collettive dagli effetti suggestivi e caratterizzate da una potente carica emotiva.

Oltre alle sue installazioni Chiharu Shiota da vita a performance, scenografie e collabora con compositori e coreografi di fama mondiale.

Ha esposto nelle istituzioni museali di tutto il mondo e in Italia ha acquisito grande visibilità quando, nel 2015, ha rappresentato il Giappone alla Biennale di Venezia presentando l’immersiva e coinvolgente installazione site specific intitolata “The Key in the Hand”. Quest’ultima, costituita da un groviglio di fili rossi luminosi e intrecciati da cui pendono 50.000 chiavi provenienti da diverse parti del mondo e donate all’artista. Due barche poi sono intrappolate tra i fili: accolgono le chiavi e quindi la storia e la stratificazione di memorie e ricordi che ciascuna di esse racchiude, permettendo l’incontro tra le vite personali e quelle degli altri.

«Le chiavi appese che io presento e le chiavi dei visitatori sono collegate, e il loro legame è memoria. Essi sono un mezzo e contengono i nostri veri sentimenti. L’opera ci stimola ad andare alla ricerca dei ricordi che vivono in noi.»

Le installazioni in filo di Chiharu Shiota

I lavori site specific in larga scala vengono realizzati dalla Shiota, nel corso di un lungo processo di tessitura ed intreccio di fili di lana di diversi colori (di solito nera, rossa, bianca), l’artista li lavora fino a condensarli nello spazio in una fitta tessitura, che attira a sè oggetti di uso quotidiano che perdono la loro funzionalità d’uso, rendendo lo spazio impenetrabile, estremamente affascinante e suggestivo.

“Io tesso e intreccio, trasformando i fili in autentiche reti che catturano e isolano questi elementi, come un insieme di parole che raccontano una storia. In questo senso posso dire che i fili neri rappresentano una sorta di cielo notturno mentre quando utilizzo i fili rossi questi tendono a rappresentare parti del corpo.” Flash Art- Luglio- Settembre 2015

“The Soul Trembles” al Mori Art Museum di Tokyo

La più grande mostra personale di Chiharu Shiota dal titolo “The Soul Trembles”, è stata esposta al Mori Art Museum di Tokyo da giugno a ottobre 2019.

Il Mori Art Museum di Tokyo dedicò una grande mostra per celebrare il 25esimo anniversario alla carriera di Chiharu Shiota intitolata: “The Soul Trembles” (“L’anima trema”).

Le grandi installazioni presentate in esposizione, oltre ad essere esteticamente spettacolari e coinvolgenti intendono indagare tematiche delicate quali; le trasformazioni esistenziali, la vita, la morte, la religione e la spiritualità.

Alcune delle maggiori opere dell’esposizione:The Soul Trembles

In Silence

In Silence” (2002/2019) è un’opera in cui un’immensa rete nera avvolge un pianoforte bruciato circondato da varie sedie. L’opera d’arte è nata da un ricordo d’infanzia dell’artista di una casa limitrofa che bruciava nel mezzo della notte. Da un lato il piano simboleggia il silenzio, dall’altro è come se suonasse musica visiva.

“…Nel lavoro In Silence, il piano che brucia non ha alcuna funzione ma la sua bellezza rimane. La storia dietro il pianoforte deriva dal fatto che una volta ho visto un incendio in casa del mio vicino. Dopo l’incendio, loro avevano messo il pianoforte bruciato all’esterno e io mi sono imbattuta in questa visione. Ho pensato che il piano era ancora più bello e più forte, anche se aveva perso il suo suono. Circondando e intrappolando il pianoforte con i fili neri cercavo di fare musica con le mie mani.”

Uncertain Journey

Nell’installazione  “Uncertain Journey” Shiota esplora  l’idea del viaggio della vita che non ha una destinazione concreta e certa.

“L’installazione è come una vasta rete, con le barche che ci trasportano in un viaggio di incertezza e meraviglia”.

Il rosso abbagliante del filato simboleggia il nostro sangue, la struttura della rete si riferisce a vene e corde nervose e persino alle connessioni tra le persone, alle nostre relazioni mutevoli (il “filo rosso del destino” nella tradizione dell’est asiatico lega le persone tra loro).

Reflection on space and time

L’installazione viene concepita come un luogo universale che conserva le memorie dell’umanità, una fitta ragnatela monocromatica  costituita da 110 km di fettuccia di Alcantara che attraversa e avvolge una struttura all’interno della quale si stagliano due iconici costumi bianchi.

Come la pelle che ricopre il corpo, gli abiti simboleggiano il confine tra il proprio interno ed esterno. Sospendere un tale abito in uno spazio pieno di filo nero trasmette una sensazione di presenza nell’assenza. L’artista, appendendo abiti su entrambi i lati di uno specchio, fonde nella mente dello spettatore l’abito illusorio nello specchio e l’abito reale nello spazio opposto.

 

Solitudine ed empatia, memoria e oblio, appartenenza e identità, sono alcuni dei temi ricorrenti nella sua poetica. Nel suo lavoro Chiharu Shiota sintetizza i due filoni artistici che più sembrano averla influenzata: da un lato, la tradizione giapponese del calligrafismo e, dall’altro, la lezione performativa appresa da Marina Abramović, da cui ha assimilato una concezione dell’arte quasi ascetica e meditativa.