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Il 13 giugno 1888 nasceva Fernando Pessoa

Fernando António Nogueira Pessoa: fu giornalista, corrispondente commerciale, traduttore, pubblicitario ma soprattutto poeta e letterato. Un personaggio dall’animo complesso, a volte davvero intricato, che nacque a Lisbona il 13 giugno 1888 e morì all’età di 47 anni per cirrosi epatica. Venne definito il poeta più rappresentativo del XX secolo, al pari del suo contemporaneo Pablo Neruda. Trascorse la giovinezza in Sud Africa, dove imparò benissimo l’inglese; fin da subito inquieto e riflessivo, tendeva a isolarsi nel suo mondo interiore. In effetti quest’ultimo era davvero molto vario: egli fu l’esponente per eccellenza della cosiddetta eteronimia letteraria.

Eteronimia letteraria

Gli eteronimi, letterari o scientifici, sono tutte quelle opere scritte dall’autore ma pubblicate con un nome diverso che (a differenza dello pseudonimo) viene rappresentato come un soggetto realmente esistente, con il suo carattere e la sua propria personalità. Tra i suoi “autori fittizi” più conosciuti: Álvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro e Bernardo Soares. Il suo “io” si divide in molteplici identità indipendenti e profondamente diverse tra loro, sia fisicamente che psicologicamente, ognuna con il suo stile poetico. Questi contrasti tra i profili dei suoi alias possono essere interpretati come le varie sfaccettature della personalità del singolo essere umano: il mistero, la volubilità, la contraddizione che racchiude dentro di sé ogni individuo.

“Con una tale mancanza di gente coesistibile come c’è oggi, cosa può fare un uomo di sensibilità, se non inventare i suoi amici, o quanto meno, i suoi compagni di spirito?”

Non-vita

Nonostante il poeta portoghese abbia vissuto in solitudine, in un appartamento molto essenziale di Lisbona, questa sua scelta di non-vita (intesa come quella di non mettersi in gioco) gli ha permesso di vivere contemporaneamente tante altre vite (immaginarie). Di solito le menti brillanti e originali, erano spesso anche le più incomprese, difatti le sue opere non riscossero molto successo mentre era in vita. Vennero poi ritrovati più di 20.000 suoi scritti ai quali è stato attribuito nel tempo il valore che meritano. La sua insofferenza e intensità sono tutt’oggi fonte di studio sul senso di incompletezza dell’animo umano.

Il suo pensiero

Egli si percepisce come uno spazio vuoto, riempibile di infinite combinazioni che delineano tanti “sé” futuri diversi (consiglio un film che tratta l’argomento dei destini paralleli: Sliding Doors). Si interroga su quali possano essere le cause maggiori che determinano la percorrenza di una determinata strada piuttosto che un’altra. Il contesto? La personalità? Gli studi? La genetica? L’educazione ricevuta? Le proprie inclinazioni? La ragione? I sentimenti?

L’andamento della vita di ognuno può essere scandito da un progetto ben preciso oppure possiamo lasciarci travolgere dagli eventi, o ancora farci guidare dall’intuito… ma in fondo cosa importa? A chi importa? Ci sarà sempre qualcuno a cui non interesserà chi siamo o cosa facciamo. Siamo tutti destinati a scomparire prima o poi, e non rimarrà nulla se non gli echi dei nostri passi compiuti con scarpe qualsiasi, in affanno per le nostre faccende qualsiasi, per le vie di una città qualsiasi. Paradossalmente, con questa sua visione così fatalistica, lui è riuscito invece a lasciare un segno per le generazioni successive, e ancora oggi le sue parole influenzano e affascinano appassionati e filosofi di tutto il mondo.

Ma poi aggiunge, precisando la sua visione:

“Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso volere essere niente. A parte questo, ho in me tutti i sogni del mondo.”

Se quindi non importa nulla a questo mondo, perché allora non seguire i nostri sogni, le nostre passioni, dal momento che ciò (almeno) ci rende feliciÈ necessario sperimentare, allontanarsi da sé stessi e dalla propria natura per un periodo. Perdersi. Per poi ritrovarsi nuovi e pieni di consapevolezza. Chi continua a essere in movimento e intraprendere il suo viaggio, riesce a dare un senso a tutto e sentirsi finalmente completo. Oltre a raggiungere una sorta di pace interiore, ognuno di noi può lasciare un segno piccolo o grande che sia.

Allora, maestro Pessoa, ribaltiamo il discorso: è vero che non tutti saranno interessati a noi, ma ci sarà sempre qualcuno a cui importerà del nostro valore aggiunto, e che forse addirittura trarrà ispirazione da ciò che nella vita abbiamo combinato più o meno consapevolmente.