Il Castello di Otranto, a giudicare dalle date significative che scandiscono la vita di Horace Walpole, avrebbe dovuto vedere la sua pubblicazione nel 1767 invece che nel 1764. Come mai?
Walpole e villa Strawberry Hill
Walpole nasce il 24 settembre del 1717. Nel 1737 rimane orfano di madre, figura alla quale l’autore è particolarmente legato. Questa perdita segna in modo significativo il ventenne Conte di Oxford.
Esattamente dieci anni più tardi, nel 1747 prende in affitto la casa che due anni dopo acquista.
A quarant’anni di distanza dall’inizio dei lavori di restauro, la casa in rovina diventa la bellissima villa neogotica Strawberry Hill.
Il 1757 è l’anno in cui, all’interno della villa, Walpole apre una tipografia ed inizia la sua carriera di editore.
Infine nel 1797 si spegne lasciandoci in eredità il romanzo gotico e la sua maestosa casa.
Il padre della letteratura gotica
Nell’arco della sua carriera di scrittore produce una notevole bibliografia e un’invidiabile mole di corrispondenza di alto livello culturale.
Fra i suoi sostenitori e lettori assidui, spicca niente meno che Lord Byron: questo accade perché l’animo di Walpole è uno di quelli gentili e tormentati, che trova la sede per manifestarsi nei suoi scritti.
Ma quello che rende Walpole il padre indiscusso della letteratura gotica, è l’audacia di scrivere qualcosa che non era ancora stato scritto.
Il Castello di Otranto
Il Castello di Otranto è il primo romanzo a racchiudere tra le sue pagine il vecchio ed il nuovo mood di intrattenimento dei lettori. Qui superstizione, paranormale e razionalità dell’epoca dei lumi si susseguono lungo una trama in tutto ispirata al dramma shakespeareiano.
Il romanzo si apre con la morte di Corrado proprio il giorno delle sue nozze. Corrado è il cagionevole erede e figlio prediletto del principe Manfredo di Otranto che nella morte del figlio vive la fine della sua stirpe.
Manfredo, che non riesce a dare una spiegazione logica alla morte del figlio rimasto schiacciato da un elmo gigante materializzatosi improvvisamente sopra di lui, si lascia sopraffare dalla superstizione.
Questo perché sulla famiglia di Manfredo c’è una sorta di profezia di difficile interpretazione:
“Che il castello e la signoria di Otranto sarebbero stati perduti dall’attuale famiglia, allorché il vero padrone diverrà troppo grande per abitarvi”.
Manfredo rivela così la sua vera natura tutt’altro che cavalleresca e vuole costringere la promessa fidanzata del figlio a sposare lui.
Il breve romanzo dedica larga parte della narrazione proprio all’inseguimento di Isabella, la promessa al figlio, da parte di Manfredo.
Durante questa caccia che ci mostra i bassi istinti dai quali può essere mosso l’uomo, diventa sempre più preponderante la figura di un giovane straniero: Teodoro.
L’eroe e l’antieroe
A chi depenna questo romanzo come semplice romanzo di intrattenimento, probabilmente sfugge il titolo nobiliare di Walpole e di come la figura femminile viene vista dall’autore.
Nel Il Castello di Otranto sono presenti i due estremi della natura cavalleresca dell’uomo.
Il cavaliere nobile d’animo che non può per natura rinunciare ad aiutare le persone ingiustamente colpite dal tiranno: Teodoro.
Il principe usurpatore e tiranno: Manfredo.
A vegliare sul giovane eroe, inconsapevole di essere il legittimo erede al trono, c’è Alfonso, il nobile antenato nonché il cavaliere proprietario dell’armatura che, attraverso la materializzazione dei suoi pezzi compie la profezia.
L’armatura di Alfonso e il compimento della profezia
Dell’armatura si palesano dei pezzi specifici: l’elmo, il piede, le piume e la spada. Ovvero, intelletto, la volontà, la libertà e la giustizia.
Purtroppo Manfredo non si ferma e tenta di rendere cieco anche il padre di Isabella, il nobile Federico. Questi si infatua di Matilda, la figlia di Manfredo della quale è innamorato anche Teodoro.
Matilda corrisponde l’amore di Teodoro, ma i due non potranno mai coltivare questo sentimento a causa della follia di Manfredo che uccide la figlia convinto di trovarsi davanti ad Isabella.
A Teodoro viene riconosciuta l’eredità di Alfonso e il suo destino di diventare il nuovo signore di Otranto.
È così che l’autore ci racconta di come dovrebbe possibile solo per un uomo giusto e leale, capace di rispettare la dignità e i sentimenti di tutti, l’arrivare a ricoprire un ruolo importante.
Le donne
C’è anche una forte denuncia riguardo al ruolo della donna.
Qui ci sono tre protagoniste dichiarate e una che rimane nell’ombra ma fondamentale.
Ippolita: la madre di Matilda e sposa di Manfredo. Ippolita rappresenta la donna che subisce e che sostiene a spada tratta il volere dell’uomo intimando più volte alla figlia e ad Isabella di sottostare al volere degli uomini. La sua figura è importante perché senza di lei l’importanza delle altre rimarrebbe sottotono.
Isabella: promessa sposa di Corrado, grande amica di Matilda, figlia di Federico. Lei impersona un nuovo tipo di volontà femminile. Inizialmente fatta apparire molto frivola, prende subito le distanze da Manfredo, fugge disperatamente preferendo la vita del convento a quella della regina infelice.
Molte volte nel romanzo si parla di come per Matilda e Isabella sia molto più nobile e libera l’idea di prendere i voti piuttosto che sottostare alla volontà di un uomo non amato.
Matilda incarna tutte le virtù, lei innamorata del dipinto di Alfonso, ha già deciso di prendere l’abito almeno fino a quando non incontra Teodoro. Il giovane sembra la copia esatta del dipinto del quale la giovane è innamorata.
La quarta donna, quasi invisibile, è la madre di Teodoro, lei lo rende erede legittimo ed è lei che cresce in modo tanto nobile il figlio.
Lavoro come grafica-creativa, illustratrice e content editor freelance.
Sono diplomata in grafica pubblicitaria e parallelamente ho studiato disegno e copia dal vero con Loredana Romeo.
Dopo il diploma ho frequentato beni culturali presso l’università di lettere e filosofia e parallelamente seguivo un corso di formatura artistica, restauro scultoreo e creazione ortesi per il trucco di scena.
A seguire l’Accademia Albertina di Belle Arti con indirizzo in grafica d’arte (che mi ha permesso di approfondire: disegno, illustrazione, incisione, fumetto).
Sono sempre stata interessata e assorbita dal mondo dell’arte in tutte le sue forme e dopo la prima personale nel 1999-2000 non ho mai smesso di interessarmi alle realtà che mi circondavano.
Nel 2007 ero co-fondatrice e presidente dell’Associazione Arte e Cultura Culturale Metamorfosi di Torino e in seguito ho continuato e continuo a collaborare con vari artisti e ad esporre.
L’amore per l’arte in tutte le sue forme, il portare avanti le credenze e le tradizioni familiari hanno fuso insieme nella mia mente in modo indissolubile: filosofia, letteratura, esoterismo, immagine e musica.