si dice

Ma si dice se me lo dicevi?

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Si dice o no? Beh, qua entriamo un po’ nella sfera fantastica della grammatica. Fantastico come Enzo Jannacci, in fondo.

si dice

La coniugazione di imperfetto e futuro già dovrebbe farci sorgere un dubbio.

Il periodo ipotetico

Sì, la grammatica italiana contempla anche questo. La frase ambientata né nel presente, né nel futuro, né nel passato. Ma bensì in una realtà alternativa che poteva essere ma non è stata. Ma potrebbe anche essere ancora, sia chiaro.

Fantascienza? No, semplice uso corretto della lingua.

Il futuro imperfetto

Il futuro è sempre imperfetto, in fondo. Quando mai le cose vanno come avremmo voluto?

Vediamo però cosa accade quando questo accade nella lingua italiana.

Iniziamo quindi diciamo che nei periodi ipotetici della realtà la forma verbale da utilizzare è l’indicativo, sia per quello che riguarda la principale (se non chiudi il cancello) che per la dipendente (il cane scappa).

L’introduzione della possibilità

Tuttavia, è giusto sottolineare che l’italiano contempla l’utilizzo della possibilità:

se non chiudessi il cancello il cane scapperebbe

che potrebbe anche ulteriormente evolversi in una possibilità nella possibilità:

se non chiudessi il cancello il cane potrebbe scappare

L’introduzione del passato

si dice

Il dubbio del momento.

Il momento in cui si ambienta la frase (il periodo) è fondamentale, anche a livello puramente concettuale. se la stessa frase di prima fosse volta al passato essa non avrebbe più potuto essere un periodo ipotetico della realtà, ma una realtà alternativa di un passato che già è stato e che nella nostra linea temporale non è più modificabile.

Abbiamo, pertanto, in questo caso, una ipotesi dell’irrealtà.

L’ipotesi dell’irrealtà detta legge

In questo caso non ci troviamo più di fronte alla possibilità di una scelta: l’ipotesi dell’irrealtà si esprime obbligatoriamente con l’affiancarsi del condizionale con il congiuntivo:

se non avessi chiuso il cancello il cane sarebbe scappato

Cosa ormai impossibile, dato che l’hai chiuso (la frase lo determina chiaramente).

Ovviamente resta sempre valido anche

se non avessi chiuso il cancello il cane sarebbe potuto scappare

Una specifica

sarebbe potuto scappare o avrebbe potuto scappare?

Chiariamo subito che la forma corretta è la prima. La regola grammaticale dice che l’ausiliare da usare con i verbi servili (detti anche verbi modali) è proprio quello del verbo all’infinito. Quindi se non abbiamo alcuno dubbio che il cane sarebbe scappato allora la forma ipotetica deve essere per forza sarebbe potuto scappare.

Il dubbio sorge molto spesso per la mancata conoscenza di un’altra regola sempre relativa ai verbi servili: quella relativa ad un infinito passivo che richiede per forza l’ausiliare del verbo reggente in avere. Se, ad esempio ipotizziamo che il cane, scappando, avrebbe potuto essere investito (non è più LUI che scappa, ma qualcun altro che investe lui), la frase non termina più con

sarebbe potuto scappare

ma con

avrebbe potuto essere investito.

Torniamo a noi

Fin qui dovrebbe essere tutto chiaro. Anche il fatto che il periodo ipotetico determina.

si dice

e me dispiace, ma ormai t'o piji 'ntar...

Ma dov’è che la frase diventa quella che conosciamo? Beh, è giusto specificare che nel parlato tale costrutto sintattico viene ormai molto spesso sostituito con la forma del doppio imperfetto:

se non chiudevi il cancello il cane scappava

Non è una forma né corretta né elegante. Tuttavia, è necessario anche riconoscere che è funzionale, che è la cosa più importante nella funzionalità della lingua. Ed è talmente tanto diffuso da essere reputabile accettabile, quantomeno per i registri popolari e familiari. In parole povere, nel parlato comune. Ovviamente non può essere usato per i registri formali e per i testi ufficiali.

Jannacci lo sapeva bene.

Quindi si dice?

Assolutamente.