L‘Eurovision song contest 2022 premia l’Ucraina e la Kalush Orchestra con “Stefania”. Prevedibile? Si, ma dopo le tre serate all’insegna di spettacoli circensi, travestimenti, maschere swarovsky e qualche pezzo degno di nota, non stona neanche per eccesso di politically correct.
Ad aprire la serata conclusiva del contest più atteso, Laura Pausini, host dell’evento, che dopo essere andata a lezione da Arturo Brachetti, sale sul palco e illumina Torino di colori, vestiti e microfono in pendant, uno per ogni canzone, dimostrandoci quanto è dannatamente poliglotta ed europea (Porca Vacca incluso della prima sera). E così, ci becchiamo Benvenuto, La Solitudine, Io Canto, La scatola a raffica in un mix di francese, inglese, spagnolo e anche italiano, in un playback inaspettato tradito da un piccolo fuori synch. La performance è coinvolgente e, anche se non sei un fan della prima ora, ti viene fuori un improvviso orgoglio italiano.
Avete sbadigliato alle prime due semifinali? Non avete visto il resto della serata? Ecco cosa vi siete persi, con un riepilogo della finale, dall’ultimo al primo in classifica.
25. Germania: Malik Harris “Rockstars”
Polistrumentista, fan di Eminem, si ossigena i capelli probabilmente in suo onore, prova ad inserire qualche barra nel pezzo, ma il risultato è una ballad che non ce la fa. L’umiliazione dell’ultimo posto, però, non se la meritava. O si, in quanto Germania. Simpaticamente eh.
24. Francia: Alvan & Ahez – “Fulenn”
Lo scorso anno si è battuta fino all’ultimo con l’Italia, contestandone comportamenti di pura fantasia. Sembra che quest’anno la Francia si sia fatta giustizia da sola, proponendo un pezzo in bretone che, siamo sicuri, neanche i loro conterranei avranno inserito in una playlist privata.
23. Islanda: Systur “Með Hækkandi Sól”
Che te ne fai delle Haim? Qui è tutto all’unisono e in sincrono. Per carità, carine le sorelle, delicate, talmente tanto che manco le senti. Ottime per un documentario sul loro paese.
22. Repubblica Ceca: We Are Domi “Lights Off”
Il Paraolimpico si trasforma in un club da disco supercommerciale. “Where are you now?” canta lei. Forse lo fa in tono di sfida ai Meduza.
21. Finlandia: The Rasmus “Jezebel”
Ma voi la ricordate In the shadows? I Rasmus li conosciamo per quell’unica canzone. Ai tempi, non chiedetemi perchè, ebbe un discreto successo in Italia. La mancanza di risposta la maturiamo quando al primo minuto di questo pezzo per l’Eurovision, ti pare di sentire una versione cheap di Bon Jovi, con un frontman invecchiato.
20. Armenia: Rosa Linn “Snap”
Certe dinamiche non te le spieghi se non per scelte discografiche che probabilmente favoriscono alcuni paesi, penalizzandone altri. La ragazzina canta in cameretta ma te l’immagini già in alta rotazione radiofonica al posto di Olivia Rodrigo, a cui musicalmente non ha proprio niente da invidiare .
19. Belgio: Jérémie Makiese “Miss You”
Lui, calciatore professionista, non avendo mai figurato tra le squadre della Champions come i suoi conterranei Mertens e Lukaku, si è buttato in un R&B dei primi 2000, ricordando quando Justin Timberlake usava ossigenarsi i ricci, preannunciando l’abbandono degli NSync per una carriera solista di successo.
18. Romania: WRS “Llámame”
Avrà visto la Spagna e avrà pensato: “Cos’ha lei che io non ho?” Il cantante si è lanciato in una performance ammiccante, che purtroppo per lui, è sfociata in un saggio di latino di una provincia desolata della Romania. Con tutto il rispetto per la realtà provinciale.
17. Svizzera: Marius Bear “Boys Do Cry”
Avete presente Alice nel paese delle meraviglie? Quel preciso momento in cui la protagonista si ritrova persa nel bosco e piange, in compagnia di matitine lacrimanti e oggetti fantasiosi anche loro solidali. Io questa canzone ce la vedo bene per quel momento lì. Poi ha ragione, i ragazzi piangono, soprattutto se al televoto hanno 0 voti.
16. Azerbaijan: Nadir Rustamli “Fade To Black”
Ti struggi già al tentativo di pronunciare, scrivere bene il nome e ad individuare la posizione geografica della nazione. Lo fai doppiamente ascoltando uno pseudo-Dotan/Tom Walker che non ce l’ha fatta del tutto.
15. Australia: Sheldon Riley “Not The Same”
Testo ruffianello per una retorica stucchevole su pop stanchevole. Si è fatto tutti i reality australiani. Caldamente consigliato un corso di recitazione, per migliorare il piantino finale malriuscito.
14. Lituania: Monika Liu “Sentimentai”
Lei ci porta in un fumoso e sensualissimo club segreto, dal sapore retro. Non riesci a scollare gli occhi da quel caschetto alla Fantaghirò che, hai voglia ad ondeggiare e ammiccare, non si scompiglia neanche di un millimetro.
13. Estonia: Stefan “Hope”
Hozier sei tu in versione western? No. È l’uomo più sexy dell’Estonia del 2020. “Oh, mandiamoci quel manzo di Stefan, una cavalcata e un lazzo immaginario, un occhiolino in telecamera e ci becchiamo i 12 punti di tutti”. Dispiace cari estoni, non è andata proprio così.
12. Polonia: Ochman “River”
Il potere dell’acqua evocato dal pezzo ce lo vedresti per uno spot di una minerale imbottigliata alla sorgente delle Dolomiti. Il solito lirico che vuole svecchiarsi e buttarsi su un pop che manco mezzo minuto reggi. Al massimo il tempo di uno spot appunto.
11. Paesi Bassi: S10 “De Diepte”
“Uuuuuh aaaaaah” è quella litania da possibili disturbi fisici che ti riconducono al pezzo dei Paesi Bassi. Lei è biondissima, esile e minimal anche nell’outfit e si è conquista 12 punti dall’Italia, forse solo per questo.
10. Norvegia: Subwoolfer “Give That Wolf a Banana”
Se dovessi riassumere l’Eurovision 2022 con una sola immagine, sceglieresti la loro. L’emblema del mascheramento e del testo nosense che inconsapevolmente ti ritrovi anche a canticchiare, sorprendendoti di te stesso. Give that wolf a banana.
9. Portogallo: Maro “Saudade, saudade”
In un contesto del genere, le armonizzazioni nostalgiche del Portogallo sembrano addirittura stonare. L’Eurovision ti risucchia nella sua essenza circense e superappariscente al punto che se vedi qualcuno di normale, ti annoi ed è questo il caso.
8. Grecia: Amanda Georgiadi Tenfjord “Die Together”
Una Lorde vestita da Elsa di Frozen. Ma voi la ricordate la canzone? Io personalmente neanche appena finita. Musicalmente inconsistente.
7. Moldavia: Zdob şi Zdub & Advahov Brothers “Trenulețul”
Avete mai visto i Ramones improvvisare una ignorantissima tarantella al ritmo di fisarmoniche avvinazzate ad una sagra di paese? Ecco, pensavamo di non averne la necessità eppure questo spettacolo che la generazione Z ci suggerirebbe di definire “cringe” nel complesso fa il giro e ti prende pure.
6. Italia: Mahmood e Blanco “Brividi”
Mahmood, che ci aveva abituati ad outfit strambi, si presenta in un minimal che ti sconvolge, lo stesso con cui inizia a cappella il pezzo. Poi arriva Blanco ricoperto di pietre preziose, teso e calante nell’intonazione. Potevano fare meglio, ma il Para Olimpico che canta insieme a loro è una bella botta emozionale.
5. Serbia: Konstrakta “In corpore sano”
Sembra di assistere ad un inquietante tutorial su come lavare le mani in un manicomio dell’est. In realtà se avessimo avuto i sottotitoli avremmo riflettuto un po’ in più. Ipnotica.
4. Svezia: Cornelia Jakobs “Hold Me Closer”
I lineamenti decisi di Nina Persson dei Cardigans, le sonorità di una Lana Del Rey intonata e meno depressa, sfociano in un’esplosione graffiata trascinante, che vedresti benissimo anche su palchi internazionali. Dove era nascosta finora Cornelia e perchè viene fuori solo ora?
3. Spagna: Chanel “SloMo”
La intravedi Ana Mena guardarti indispettita, mentre dal lettino del lido canticchi passivamente la canzone della spagnola. Chanel canta qualcosa che sembra preso in prestito da una versione reggaeton di Paso Adelante. Il nome di lei richiama la stessa eleganza e finezza della famiglia Totti, non di certo dell’icona della moda. Questa convinzione alla “Jennifer Lopez versione discount” (citazione colta di Malgioglio), rende l’Italia ancora più agguerrita nei suoi confronti e gode della sua mancata vittoria.
2. Inghilterra: Sam Ryder “Space Man”
Il biondone TikToker dai milioni di followers, dato per vincitore, sarebbe stato bene nel cast del prossimo Tale e Quale Show, un po’ Freddie Mercury un po’ Elton John. La voce c’è, la notorietà pure, Carlo Conti che dici, ci stai?
1. Ucraina: Kalush Orchestra “Stefania”
Da sempre arrivata in finale all’Eurovision, stavolta l’Ucraina porta il peso della tradizione in un piffero ipnotico e un hip hop vivace, unito al peso della storia che si ritrova a vivere. Sia chiaro, la canzone nasce come lettera ad una madre che però, guarda caso, pare intersecarsi alla triste realtà di una nazione piegata dalla guerra. “Troverò sempre la strada di casa, anche se tutte le strade sono distrutte“, è una frase che, ipocrisie a parte, colpisce parecchio, dal momento che è stata scritta molto prima dell’invasione russa. Far vincere l’Ucraina sembra alla fine della serata, il gesto più giusto di un mondo che si stringe attorno ad un paese in difficoltà. Al netto di eventuali appelli politici tranquillamente evitabili, pensare che l’anno prossimo l’Eurovision Song Contest si terrà lì, pare essere un augurio per il futuro. E poi politically correct o no, ciò che rende davvero felici noi italiani medi sono gli ultimi due posti in classifica.
Fuori classifica, oltre la Pausini
I Måneskin, con frontman azzoppato, infiammano Torino con Supermodel e consigliano ai cantanti in gara: “non vi avvicinate troppo al tavolino” riprendendo la polemica dello scorso anno che vedeva la Francia insinuare un momento droga live di Damiano prima della proclamazione del vincitore.
La Cinquetti è il riempitivo in stile Sanremo che nessuno avrebbe mai voluto. Ma tant’è che dai talk polverosi di Rai 1 sale sul palco in Eurovision annunciata da una signorina buonasera dorata (la Pausini per intenderci), canta sto pezzo che al contest è riuscito a distanziarsi dagli Abba di una sola posizione. Vabbè erano altri tempi.
Mika è il tipico che non perde mai occasione per sbatterti in faccia il suo primeggiare in tutto. Sa parlare 50 lingue più di te, presenta, canta, volendo sa anche ballare, magari mangia tantissimo ma si mantiene magro perchè ha un ottimo metabolismo. Il talento ce l’ha e l’ha messo bella mostra nel suo momento. Bello il finale.
“Little bit of love” canta uno dei tre host e l’Europa si trova a sventolare bandiere che sembrano quelle del Giappone con il sole rosso a forma di cuore. Tanto smielato quanto trascinante, il momento. Eppure sapere che 25 paesi sono stati lì incollati agli schermi, fa strano. Almeno nella musica, l’Europa unita ha vinto.
Laureata in marketing e masterizzata in comunicazione e altro che ha a che fare con la musica. Fiera napoletana, per metà calabrese e arbëreshë, collezionista compulsiva di vinili, cd o qualsiasi altro supporto musicale. Vanto un ampio CV di concerti e festival.