Fonte foto: Danielcoyle.com
Ho scoperto Piccolo manuale del talento di Daniel Coyle sugli scaffali della mia libreria preferita nel 2014 e me ne sono innamorato subito. Sarà stato per la sua forma compatta (sta in un A5), la rilegatura rigida ed elegante, a filo refe, per quel 52 in copertina (un certo tipo di lettori sono immediatamente rapiti dai numeri 52 e 42, sappiatelo), fatto sta che me lo sono rigirato tra le mani più e più volte, leggendo pagine sparse qua e là e già suggendo importanti informazioni o ottenendo la conferma di altre che già conoscevo. È stato solo perché non ho trovato subito la versione digitale che ho acquistato il cartaceo (sono circa 10 anni che se posso leggo tutto in digitale); anzi, di più: mi sembrava tanto importante che me lo sono fatto regalare, così ora esso è anche legato in maniera perenne alla persona che me ne ha fatto dono. Bella cosa, la memoria. Fondamentale anche per il talento di cui parla il libro.
Noi siamo quello che facciamo ripetutamente. L’eccellenza, quindi, non è un atto ma un’abitudine.
Aristotele
Il libro
“Come posso fare meglio?”, spinge a chiedere il manualetto, “Come posso diventare davvero bravo in quello che voglio?”
Ecco, il volume non è, come potrebbe sembrare ad una prima impressione, uno dei tanti libri di self help, e neanche un categorico manuale preciso e dettagliato su come fare. Non sono le istruzioni dell’Ikea. In realtà, esattamente come dice il titolo, si tratta di consigli, banali quanto illuminanti, con le relative spiegazioni sul perché proprio quei consigli (che a volte potrebbero apparire proprio bizzarri senza spiegazioni, bisogna riconoscerlo).
Fonte foto: Rizzoli
Il manuale fa un sacco di esempi. Molti di questi sembrano vertere maggiormente sul settore sportivo, ma è solo un’impressione dovuta dal fatto che probabilmente gli sportivi sanno spiegare meglio il concetto di ripetizione e impegno. L’autore ha cercato in realtà persone in grado di spiegargli come hanno fatto a raggiungere la perfezione in quel che fanno, e l’ha fatto tra sportivi, giornalisti, persone dello spettacolo, autori, scrittori, artisti, inventori, imprenditori, studiosi, scienziati, e chiunque sia stato in grado di cercare una nuova via in quel che era il proprio cammino. In effetti il talento che il manuale volge a sviluppare verte in qualsiasi disciplina: sport, musica, arte, matematica, business e molte altre. Fondamentalmente possiede l’incredibile caratteristica di riuscire a raggruppare in un’unica categoria i manager, i venditori, i pubblicitari, gli allenatori, i leader, i genitori: tutti coloro, cioè, siano in grado di applicare, trasmettere o far crescere un qualunque tipo di talento. Con chiarezza di pensiero e fondamentalmente di ottimismo, perché (è la prima regola) non si finisce mai di imparare!, soprattutto per coloro che insegnano. E la cosa fondamentale in tutto ciò è che i consigli che ne trae sono applicabili, tutti, a qualsiasi settore: serviranno a far crescere le vostre competenze, quelle dei vostri figli, dei vostri discenti, dei vostri collaboratori, delle vostre aziende.
I consigli
Tali consigli, che poi sono anche i titoli dei capitoli del libro, sono, nell’ordine (li riporto non nella volontà di regalarvi il libro bello e pronto, ma con la convinzione che i consigli senza la spiegazione contino veramente poco, e quindi con la speranza di spingervi a comprarlo, rubarlo, scaricarlo, procuratevelo come vi pare ma insomma leggetelo!):
– osservate chi volete diventare
– spendete 15 minuti al giorno incidendo l’abilità nel cervello
– rubate senza chiedere scusa
– compratevi un quaderno
– siate disposti ad essere stupidi
– scegliete l’austerità
– prima di iniziare valutate se si tratta di una abilità hard o soft
– per costruire una abilità hard lavorate come un carpentiere scrupoloso
– costruire una abilità soft è come andare sullo skateboard
– rendete onore alle abilità hard
– non innamoratevi del mito del prodigio
– 5 modi per scegliere un insegnante o un allenatore di alta qualità
– individuate il punto cruciale
– togliete l’orologio
– dividete ogni mossa in piccole parti
– ogni giorno tentate di ottenere un chunk perfetto (i chunk, pezzi, per la scienza sono piccole quantità di informazione, n.d.r.)
– abbracciate la lotta
– 5 minuti al giorno al posto di un’ora alla settimana
– non fate esercitazioni ma piccoli giochi intriganti
– fate pratica da soli
– pensate per immagini
– prestate attenzione immediatamente dopo aver commesso un errore
– visualizzate il vostro cervello che crea nuove connessioni
– visualizzate le connessioni del vostro cervello che diventano più veloci
– riducete lo spazio
– rallentate (ancora di più di quello che pensate)
– chiudete gli occhi
– mimate
– quando ci riuscite, marcate il punto
– fate un sonnellino
– per imparare una nuova mossa, esageratela
– pensate in positivo
– se volete imparare da un libro, chiudetelo
– usate la tecnica del panino
(La tecnica del panino la voglio spiegare perché è davvero troppo bella. In pratica si va a strati, esattamente come in un sandwich: al primo strato si fa la mossa giusta. Al secondo la si fa in maniera sbagliata, perché non c’è niente che faccia comprendere meglio un errore quanto l’atto di commetterlo, quindi meglio commetterlo volontariamente fuori dalla possibilità di far danni; e poi nuovamente la mossa corretta)
– usate la tecnica 3×10
– inventate dei test giornalieri
– per scegliere il miglior metodo di pratica, usate la scala RIVA (Ripetizione e sforzo; Impegno; Valore; Accurato e rapido feedback)
– fermatevi prima di essere esausti
– praticate subito dopo la prestazione
– appena prima di addormentarvi, create un filmato nella vostra mente
– chiudete con una nota positiva
– sei modi per essere un insegnante o un allenatore migliore
– dedicatevi alla ripetizione
– createvi una mentalità da operaio
– per ogni ora di competizione, fatene 5 di pratica
– non sprecate tempo tentando di spezzare le cattive abitudini, costruitene di nuove
– per imparare meglio una cosa, insegnatela
– date a una nuova abilità un minimo di otto settimane
– quando rimanete bloccati, apportate un cambiamento
– coltivate il vostro coraggio
– mantenete segreti i vostri grandi obiettivi
– pensa come un giardiniere, lavora come un carpentiere
In conclusione
Bisogna anche riconoscere (ma è un pregio, non un difetto) che su molte di queste spiegazioni l’autore non è neanche troppo approfondito: è il lettore che deve lavorare per trovare la propria via per applicarle. La soluzione va cercata altrove, sembra dire Coyle: qua si parla comunque di applicare un cammino di duro lavoro. “L’ispirazione è per i dilettanti”, afferma Chuck Close (pittore e fotografo, riportato tra gli esempi). Da qua la brillantezza del titolo: Piccolo manuale del talento, dal sapore vagamente ossimorico. Per definizione infatti il talento individua un’abilità dai tratti eccezionali, in grado di connotare in maniera singolare una persona. Si sottintende innato, pertanto. E invece no: come ben sapranno tutti coloro che sono talentuosi in qualcosa, il talento in tale definizione non esiste. Esso si costruisce: è solamente il frutto di un estenuante allenamento, o pratica, o studio, o tutte queste cose assieme (non innamoratevi del mito del prodigio, recita il consiglio 11). Ecco, se proprio bisogna trovare una pecca in questo libro, è da segnalare che in effetti esso è costruito sulla forma del selfmademan americano, quell’uso costante e importante del niente scuse, niente soste, tipico degli ossessionati; metodo che effettivamente ha bisogno di un po’ di filtro per essere perfetto (per essere veramente perfetto gli manca un difetto, si dice). Tuttavia, alcuni capitoli premono anche un po’ sul freno, sul non prendersi troppo sul serio per fermarsi ed osservare noi e quello che stiamo facendo. La sensazione è quindi che alcuni siano scritti in un modo e alcuni in un altro in maniera voluta, per formare sempre in modo autonomo la capacità decisionale del lettore. Se abbracciate la lotta (consiglio 17) può effettivamente far pensare a Rocky IV, fate un sonnellino porta indubbiamente a riequilibrare le cose, e fermatevi prima di essere esausti inoltre pare essere un consiglio particolarmente umano. Personalmente per me togliete l’orologio (consiglio 14) è la regola madre: la pratica profonda non si misura in minuti e ore, ma nel numero delle volte che ripetete quella determinata cosa. Tuttavia, la regola delle 10000 ore, che il manuale non smette mai di citare (anche indirettamente), è una scoperta scientifica secondo la quale tutti gli esperti mondiali (qualunque campo) avrebbero trascorso un minimo di 10000 ore a praticare in maniera decisamente intensa la propria abilità. Non è chiaramente una soglia magica, ma sottolinea in maniera abbastanza chiara che la grandezza non è innata, ma cresce attraverso la pratica profonda. A livello personale, nel mio insegnare disegno ricordo sempre che comunque le 10mila ore sono un buon livello minimo per iniziare a padroneggiare la tecnica (non certo un traguardo): e dipende solo dallo studente decidere se dedicare ad essa 10-12 ore al giorno, ed arrivare a comprenderla in non meno di tre anni, o se applicarvici un’ora alla settimana, giungendo alla sua comprensione minima in appena due secoli che a ben guardare non è poi così male, via.
Laureato in Belle Arti, grafico qualificato specializzato in DTP e impaginazione editoriale; illustratore, pubblicitario, esperto di stampa, editoria, storia dell’arte, storia del cinema, storia del fumetto e di arti multimediali, e libero formatore. Scrittore e autore di fumetti, editor, redattore web dal 2001, ha collaborato e pubblicato con Lo spazio Bianco, L’Insonne, Ayaaak!, Zapping e svariate testate locali.