Umberto Eco e le tappe della sua “crescita narrativa”

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Fonte immagini: per la cover originale, ©2004 Bompiani; per l'immagine di testa, dettaglio della cover dell'edizione mondolibri © 2004 Bompiani, Mondolibri; per la copertina originale edizione italiana di Cino e Franco-La misteriosa fiamma della regina Loana © 1934 Nerbini (copyright scaduto) su licenza © 1928 Lyman Young (copyright scaduto). Entrambe le copertine italiane contendono dettagli dell'opera originale di Lyman Young.

Chissà che agli esami di Stato 2022 non venga fuori l’analisi del testo su una delle opere di Umberto Eco, come spesso pronosticato. Questo autore, si sa, ha scritto una enormità di libri, per lo più di saggistica (Apocalittici e integrati su tutti, un saggio che non dovrebbe mancare nella cultura di nessuno). Eppure, in questa enormità ha inserito solamente sette romanzi (tralasciando la narrativa per l’infanzia), in un arco di tempo di trentacinque anni (che guarda caso è esattamente il periodo di tempo che lega il protagonista di questo libro a sua moglie): Il nome della rosa, Il pendolo di Foucault, L’isola del giorno prima, Baudolino, La misteriosa fiamma della regina Loana, Il cimitero di Praga, Numero zero. Questi sette romanzi (che prima o poi andremo a esaminare nel dettaglio) sono un excursus attraverso la ricerca e il sentire la vita dello scrittore: ognuno di essi lo impregna di un livello più alto del suo essere, configura uno step completato.

L’evoluzione “romanzesca” di Eco

Eppure, se nei primi due assistiamo (già in fase decrescente) a un amore per la ricerca e la descrizione (storica, in questo caso, sebbene il secondo sia già spostato nel presente narrativo dell’autore, sottolineando una precisa preferenza) quasi a un livello maniacale, tanto che alcuni lettori odierni arrivano a giudicare questi romanzi come noiosi (abbiamo già sottolineato come il concetto di infodump sia una rimarcabile visione di lettori poco lettori e tanto consumatori) già dal terzo la ricerca di Eco si sposta, sempre partendo dallo stesso presente narrativo autoriale, più verso una visione delle conoscenze del mondo volge verso una direzione contestuale e filologica che cronologica. Inizia già, qui, la fase della descrizione della ricerca dell’autore, più che quella dell’esposizione dei risultati. È un Eco profondo, maturo, capace di pensare (come è sempre stato, del resto) ma soprattutto capace di condividere i propri pensieri, e tramite essi restituire umanità ai suoi personaggi. Nel frattempo sviluppa anche un umorismo sagace e diretto, che riesce a trascinare il lettore direttamente all’interno dell’ambiente, soprattutto per il fatto che egli adora utilizzare i dialoghi diretti.

“Baudolino”: romanzo storico e picaresco

È questa la chiave del quarto romanzo, Baudolino, nel quale sembra voler rimettere assieme tutte le caratteristiche dei precedenti. Tornati nel romanzo storico (Baudolino è ambientato a partire dal 1154), qui la matrice ironica è prevalente, tanto da poterlo dire, più che storico, picaresco, nel quale emerge anche il desiderio dell’autore di voler raccontare nuovamente il tutto come se fosse un presente personale, pur mantenendolo nel versante storico. E in tale cornice Eco riesce nuovamente a infarcire il romanzo di una quantità straordinaria di fonti storiche, leggende medievali, tradizioni e miti in misura tale da rendere il romanzo praticamente un’enciclopedia totale del particolare periodo storico narrato.

“La misteriosa fiamma della regina Loana”: la ricerca narrativa dell’autore

L’amore per la visione enciclopedica è forte in Eco. Sarà la stessa visione narrativa e poetica che Castelli, e poi anche Sclavi, inseriranno nei loro rispettivi Martin Mystére e Dylan Dog: più enciclopedica la prima, più citazionistica la seconda. Eco li amava entrambi, tendendo a spostarsi, cronologicamente, dalla prima verso la seconda (usando la prima come base per la seconda). Lo stesso Eco dichiarerà, sottolineando una certa direzione narrativa e qualitativa: “Posso leggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog per giorni e giorni senza annoiarmi“.

Umberto Eco

È forte, dicevamo; come è forte l’amore per le emozioni che tali sensazioni possono suscitare (o rinverdire) in chi le vive. È in questo contesto che nasce La misteriosa fiamma della regina Loana, vero e proprio capitolo finale della ricerca narrativa dell’autore (è vero, ci saranno altri due romanzi: ma in essi la ricerca è compiuta, l’autore ha già raggiunto il massimo della sua personale ricerca narrativa e si limita ad usarla alla perfezione, senza aggiungere molto altro. Anzi, in qualche modo finalmente sembra essersi abbandonato all’utilizzo della tecnologia per alleggerire le sue ricerche storiche e contestuali, tanto da dare l’impressione che egli finalmente attinga, tramite essa, da tutto quello che per decenni ha attinto da lui); nuovamente ambientato nel presente, questo si compone sì di una pesante ricerca storica, ma stavolta di tipo diverso: di quella storia che è ormai più facile perdere e dimenticare, tanto è vicina a noi (non è un segreto che l’opera omnia di Popeye è ancora in fase di ricerca perché l’autore buttava gli originali, i giornali chiaramente non conservavano le lastre e l’unica possibilità di ricostruirla in toto è cercare collezionisti che abbiano conservato quotidiani dal 1918 in poi, possibilmente in condizioni abbastanza buone da poterla ritirare su), una ancora più potente delle emozioni (stavolta reali) che tale ricerca suscita in chi ha vissuto tali eventi, e della necessità, stavolta, di una descrizione semiautobiografica.

Chi affronta il passato?

È infatti praticamente un clone dell’autore il protagonista, sia per necessità autoriali sia probabilmente per precisa volontà di Eco, che con questo testo sente evidentemente di voler lasciare una sorta di eredità stilistica ma anche e soprattutto mnemonica. Dopo decenni passati a decifrare cosa era in grado di fare, ecco, l’uomo si manifesta finalmente in queste pagine e afferma: “Eccomi, questo è quello che sono”. E lo fa con una sincerità disarmante, con una felicità (e talvolta anche col dolore) nel ritrovare se stesso da chiederci: “In quanti oggi affrontano un cammino del genere?”. In una realtà giovanile nella quale un film in bianco e nero non viene guardato perché considerato vecchio e pertanto superfluo, una canzone del 2010 giudicata ugualmente vecchia, e Floyd ritenuto il cognome di una vecchia cantante omonima di Pink (già vecchia a sua volta, sia chiaro), chi rimane ad affrontare il passato? Chi si guarda indietro a vedere come tutto quello che abbiamo oggi – ma proprio tutto – si basa su ciò che c’era prima? Su quanto il passato, grandioso o distruttivo che fosse, sia stato importante?

La perdita della memoria di massa

Il titolo del romanzo non è un semplice caso. Pubblicato da Bompiani nel 2004, esso fa esplicito riferimento a un episodio omonimo di Cino e Franco (Tim Tyler’s Luck, di Lyman Young, del 1928) edito in Italia nel 1934, elemento centrale della storia di Eco e del suddetto discorso.

Cino e Franco è stato un fumetto importantissimo pubblicato per quasi settant’anni (ma interrotto da noi nel 1938 a causa dell’embargo dei fumetti statunitensi del regime fascista, in seguito solo parzialmente bypassato o ripreso). Per il cambio dei tempi, che mutano evidentemente in maniera diversa a seconda di cosa il proprio Paese sta vivendo, l’ultima pubblicazione seriale di Cino e Franco nel belpaese risale al 1948. Ecco, ora provate a chiedere in giro a chiunque abbia meno di cinquant’anni o non sia un esperto o uno storico o comunque almeno minimamente acculturato. Chiedete chi sono Cino e Franco. Guardate se otterrete una qualche risposta. Settant’anni di memoria buttati nel cesso.

Umberto Eco questo lo sapeva bene. Conosceva perfettamente i meccanismi della perdita della memoria di massa, e sapeva perfettamente dove andare a parare. La misteriosa fiamma della regina Loana è un titolo che, già per struttura, sottolinea che non è dei nostri giorni. E insinua un sospetto, vago, pernicioso: “Ho dimenticato qualcosa. Ho perso qualcosa”. Qualcosa di importante. Esattamente come fa Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay di Michael Chabon, La misteriosa fiamma della regina Loana va ad aggiungere tasselli a porzioni di storia perduta (e curiosamente proprio degli stessi anni del libro di Chabon), solo che stavolta è tutto vero.

Tutto quello che c’è in questo libro è vero, e sia che il lettore lo abbia perso, sia che non l’abbia mai avuto, questo è un modo fantastico per ritrovarlo. Non a caso abbiamo usato la definizione di “perdita della memoria: la storia inizia con il protagonista che perde la memoria, perché questo era l’unico modo affinché potesse ritrovarla. Di più: in questo modo l’autore si colloca esattamente nei panni del lettore, che come lui potrà meravigliarsi e probabilmente commuoversi di fronte a un universo ritrovato di momenti perduti e cancellati dall’umana fretta di voltare pagina, procedere, dimenticare.

La forza del ricordo come strumento per capire il mondo

Dimenticare: l’enorme difetto dell’uomo. Con La misteriosa fiamma della regina Loana Eco riflette quindi sull’incredibile forza del ricordo [e con esso della (ri)conoscenza]. Si chiede cosa siano i ricordi, li affronta; e dimostra come essi, come tanti mattoncini Lego, costruiscano quello che siamo e ne fanno fondamenta. Eco ci insegna a capirci e a capire il contesto nel quale viviamo. Non esiste giudizio in questo libro, solo valutazione degli eventi. E decide per forza di cose, ovviamente, quasi costretto, a farlo con ciò che realmente ha fatto parte delle sue esperienze (l’esperimento Baudolino qua non ha più forza): per questo il protagonista non può essere altro che un quasi clone dell’autore stesso, e per questo il testo non può che essere un suo quasi testamento spirituale.

Memoria episodica e memoria semantica

Oltre la ricerca del titolo, Eco infarcisce il testo di rimandi e citazioni (il gioco) che il lettore dovrà scovare per trovare o ritrovare quegli elementi che, appartenutigli o meno, gli sono perduti. E con l’assolvimento del gioco stesso ritrovare il suo mondo e se stesso (ma quanto deve essere triste non riuscire a cogliere il 99% dei riferimenti del mondo che ci circonda?). Già il protagonista è chiaro esempio di dove andremo a parare: Gianbattista Bodoni (omonimo dell’incisore, tipografo e stampatore italiano, ricordato oggi principalmente per i caratteri tipografici – i font – da lui creati: i Bodoni, appunto), detto Yambo (pseudonimo di Enrico de’ Conti Novelli da Bertinoro, fu giornalista, illustratore, scrittore e autore di fumetti italiano, noto soprattutto per i suoi libri per ragazzi. È considerato uno degli anticipatori della fantascienza in Italia). Dopo esser stato colpito da un ictus, egli si risveglia da un coma profondo dopo aver perso tutta la memoria episodica, ma conservando tutta la memoria semantica (al risveglio, quando il medico gli chiede come si chiami, lui risponde Arthur Gordon Pym, personaggio di Edgar Allan Poe). Ciò significa che non sa chi siano la moglie Paola, la famiglia, i nipoti. Ma ricorda alla perfezione Salgari, “sul ramo del lago di Como”, “qui si fa l’Italia” o “si uccide un uomo morto”, “fratelli d’Italia ancora uno sforzo”, “combatteremo all’ombra”, “ed è subito sera”, “dalle alpi alle piramidi”, “fresche le mie parole nella sera”, “fresca e chiara la notte”, “m’illumino”, “qui comincia l’avventura del pelide Achille”, “tintarella di luna”, “tre civette sul comò”, “giurassico”, Smith & Wesson, Zeno Cosini, Pinocchio, osteoporosi, Alessandro e il nodo gordiano. Ma ascolta i bambini chiamarlo nonno, senza ricordare chi di loro dovesse chiamare Giangio, chi Alessandro e chi Luca. Sa tutto di Alessandro il grande ma non possiede più cognizione di chi sia Alessandro il piccolo.

Prima parte del libro: la forza del diario

Giambattista viene quindi dimesso, con la raccomandazione , tra le altre cose, di tenere un diario personale che lo aiuti a ricordare (esattamente come venne chiesto a Zeno Cosini). Un giorno, in giro con la moglie, vedendo una storia a fumetti di Topolino, Il tesoro di Clarabella, Yambo riesce e rievocare un preciso ricordo d’infanzia proprio ricordando tutta la storia del fumetto. Paola invita quindi il marito a recarsi nella casa dell’infanzia (nella sua c’è solo materiale della sua epoca adulta), e qui finisce la prima parte del libro.

Seconda parte: ricerca attraverso i ricordi materiali

Nella seconda il protagonista decide pertanto di affrontare una lunga ricerca con i propri ricordi materiali. Riscopre quindi vecchi quaderni, antiche letture, i dischi e i fumetti della sua giovinezza, e pian piano recupera il suo passato: tra Giovinezza e Pippo non lo sa; con Mussolini, Salgari, Flash Gordon e i suoi temi di scuola di piccolo balilla, dove gli appare evidente l’impronta che la scuola fascista dava a quei tempi: testi, dettati, canzoni, libri: tutti parlavano del coraggio delle camicie nere e di come i giovani desiderassero diventarle. Trova anche Yambo-le avventure di Ciuffettino, da cui il suo soprannome. E Infine l’albo de La misteriosa fiamma della regina Loana.

Nello stesso istante in cui si sa si cessa di sapere

C’è ancora molto altro, però, qualcosa che non riesce ancora a ritrovare, e che gli è importantissimo. Un antico affetto perduto, sepolto tra tonnellate di informazioni e dati posti alla rinfusa, nella quale lo percepisce sempre senza che esso si manifesti. Qualcosa che ha dato forma a tutta la sua esistenza, il motivo per cui lui è… lui (e che per spingervi alla lettura non vi dirò). Durante la ricerca trova inoltre un antico libro che egli aveva a lungo e inutilmente cercato durante tutta la sua carriera professionale (Yambo è un ricercatore e commerciante di libri antichi). La sorpresa gli provocherà un nuovo ictus durante la quale incoscienza che ne segue, e nella terza parte del libro, egli riesce a recuperare tutti i ricordi che ancora mancano alla sua ricostruzione, ma esattamente come accadde al protagonista di uno dei suoi romanzi di formazione (Martin Eden, di Jack London), nello stesso istante in cui seppe, cessò di sapereQualunque cosa per il lettore ciò voglia significare.


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