Dune di Denis Villeneuve, un film mozzafiato

Dune di Denis Villeneuve, un film mozzafiato

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Fonte copertina: hotcorn.com

È ancora il Dune di Denis Villeneuve il primo in cima alla classifica dei film più visti nelle sale italiane! Il film ha aperto ufficialmente la stagione cinematografica autunnale nelle sale di tutto il mondo e pare che attualmente i pareri di chi lo ha già visto oscillino tra un “Capolavoro!” e un “Stavo per addormentarmi in sala…”.

Ma diciamo che in media ne viene fuori un’opinione generale molto positiva. Il nuovo adattamento dell’omonimo romanzo degli anni Sessanta è riuscito in maniera straordinaria! Denis Villeneuve ha realizzato un prodotto che può essere apprezzato tanto dai lettori accaniti quanto da coloro che sono totalmente a digiuno dei libri del ciclo di Dune. Inoltre, una trasposizione (finalmente!) così curata e meticolosa dell’immaginario creato dalla mente dello scrittore Frank Herbert avrà sicuramente emozionato chi con quei libri ci è cresciuto.

Innanzitutto, per chi non lo avesse ancora fatto, vi consigliamo di guardare il film e di farlo rigorosamente AL CINEMA!  Dune è un film che va visto almeno una volta in sala (stesso discorso valso per i precedenti dello stesso regista Blade Runner: 2049 e Arrival) per vivere pienamente l’intensa esperienza audiovisiva che la pellicola rappresenta.

Per i curiosi, analizziamo adesso alcuni aspetti degni di attenzione.

Fallimento e ripresa di un progetto troppo ambizioso

Il film Dune, come tutti ormai saprete, ha avuto un passato burrascoso.

Tutto nasce da un ciclo di 6 romanzi di fantascienza scritti da Frank Herbert tra il 1965 e il 1985 che ottennero un clamoroso successo già in origine; non a caso, Herbert ottenne i massimi riconoscimenti, vincendo diversi premi, nell’ambito della narrativa science fiction. Oltretutto, l’intera serie di libri divenne fonte primaria di ispirazione per una serie di progetti che di lì a poco avrebbero visto la luce (per dirne uno, la saga di Guerre Stellari).

Già a partire dalla metà degli anni ’70 il regista cileno Alejandro Jodorowski accarezzò l’idea di realizzare un colossal visionario basato sul ciclo di romanzi di Herbert, per metterne in scena l’estetica della cultura psichedelica degli anni sessanta, ma il progetto si rivelò troppo ambizioso (basti pensare che nel cast erano previsti personaggi come Orson Welles, Mick Jagger e Salvador Dalì, oltre ad una colonna sonora composta dai Pink Floyd) e fu così che i produttori hollywoodiani si rifiutarono di affidare un prodotto così costoso ad un regista straniero.

Fu poi la volta di un giovane David Lynch, il quale, dopo la fama ottenuta con The Elephant Man, nel 1984 realizzò (su commisione di Dino De Laurentiis) un film con grande impiego di mezzi, dalle maestose scenografie, con effetti speciali notevolmente costosi. Ma alla sua uscita la pellicola non ottenne il successo sperato, fu anzi oggetto di pesanti critiche e ottenne degli incassi ben inferiori alle aspettative. Tra l’altro tutt’oggi è lo stesso Lynch a sostenere che il film è stato un fallimento e che, se potesse tornare indietro, non lo realizzerebbe.

Dune di Denis Villeneuve, un film mozzafiato

Arriviamo ad oggi. Dopo la breve parentesi di una miniserie del 2000 intitolata Dune- Il destino dell’universo (ma passata piuttosto inosservata), il passaggio del testimone va all’acclamato regista e produttore canadese Denis Villeneuve.

Quando il blockbuster incontra il cinema autoriale

Circa quarant’anni dopo l’ultimo adattamento su grande schermo, Denis Villeneuve è forse il più adatto a prendere in mano l’eredità dell’autore di Twin Peaks, il quale a quei tempi era ancora giovane e non troppo esperto di genere fantascientifico (tant’è che aveva già declinato l’offerta di dirigere Star Wars, il ritorno dello Jedi). Non dimentichiamo infatti che Villeneuve viene da una lunga serie di capolavori che esplorano ogni genere, dal drammatico ( La donna che canta), al thriller (Prisoners), passando per il crime brutale (Sicario) e approdando infine al fantascientifico ( Arrival, Blade runner 2049: con quest’ultimo dimostrandosi all’altezza di un altro autore di rilievo quale Ridley Scott); e tutte le opere elencate sono sicuramente permeate da una serie di caratteristiche che prescindono il genere cinematografico a cui appartengono.

I film di Villeneuve sono innanzitutto adrenalinici, crudi, realistici; in questi ci vengono mostrate storie sconvolgenti, piene di colpi di scena, capaci di tenerci incollati allo schermo per tutta la durata del film. Ma tutto questo non vuol dire che in essi ci sia una predominanza dell’azione, anzi questa è limitata soltanto ad alcuni momenti e tutte le altre componenti, soprattutto la caratterizzazione dei personaggi e la delineazione della sceneggiatura, sono curati allo stesso modo se non in maniera migliore).

La maestria autoriale acquisita dal regista nel corso della sua filmografia è quindi presente più che mai nel suo ‘Dune’, che si dimostra una prova eccellente ed equilibrata in ogni suo aspetto.

Dune di Denis Villeneuve

Villeneuve e la sua mania per l’estetica mozzafiato

Dune è un film in cui a tratti la maestosità delle immagini supera il resto del contenuto. Richiamando in particolar modo l’estetica dei “fratelli” Arrival e Blade runner:2049, anche qui viene creata un’ atmosfera imponente, con scenografie monumentali curate in ogni dettaglio, con uno stile elegante e raffinato.

Notiamo una cura estrema sia dei paesaggi esterni che degli ambienti interni, che spesso ci rimanda ai luoghi mostratici anche in Star Wars. Ma la differenza sta nell’ “essenzialità”: in Dune tutto è molto più minimalista e scarno, molto meno ‘pop’ e barocco.

Il merito di questa meraviglia visiva va anche al grande lavoro della fotografia, curata da Greig Fraser (Biancaneve e il cacciatore, Rogue One e The Mandalorian) il cui timbro di riconoscimento sta nell’utilizzo di colori desaturati, con una predominanza dei grigi e dei colori terra (che nel caso di Dune riprendono i colori delle rocce e delle lande deserte).

Ci sono momenti in cui il film raggiunge l’apice espressivo e ci sono alcune scene che ricordano tanto la pittura romantica del’Ottocento; ad esempio l’immagine di Paul (Timothèe Chalamet) che cammina sulla spiaggia di Caladan, prima della partenza verso Arrakys, rimanda in maniera impressionante al Viandante sul mare di nebbia dell’artista Caspar David Friedrich.

Il tutto poi si fonde alla perfezione con la grandiosa colonna sonora di Hans Zimmer.

Dune di Denis Villeneuve, un film mozzafiato

Dune di Denis Villeneuve

L’austerità dei temi trattati

Celati nelle monumentali scenografie, che ci trascinano fin dal principio all’interno in un universo vasto e articolato, ci sono dei temi che vengono trattati con una tale solennità e una tale concretezza da farci sentire coinvolti fin da subito negli eventi.

Sullo sfondo delle vicende c’è un contesto socio-politico importante.

Abbiamo diverse casate (di impostazione medievale) con a capo un Imperatore; c’è il popolo dei Fremen, nativi di Arrakys (che è soprannominato “Dune” per le sue distese sabbiose), sfruttati dal governo centrale e quindi dalle famiglie potenti che monopolizzano le risorse del pianeta, indebolendolo sempre più. Questo potrebbe diventare rigoglioso e più vivibile per tutti gli abitanti, ma a causa degli interessi economici dei potenti verso la “spezia” che prolifera nelle sabbie, Arrakys viene mantenuto come un territorio arido. Di per sé la “spezia” chiamata anche Melange è a tutti gli effetti una droga, capace di esercitare notevoli effetti sull’organismo umano.

Emerge in questo contesto anche il tema religioso dell’attesa di un eroe messianico. Infatti l’ordine matriarcale di sorellanza delle Bene Gesserit, potente e millenario, trama nell’ombra con uno scopo diverso da quello dell’ Impero: la setta ha come fine ultimo quello di ottenere, tramite la conservazione di alcune “linee genetiche”, una figura messianica maschile dotata di poteri di preveggenza e in grado di utilizzare la  “memoria genetica” degli antenati,  così da avere il potere straordinario di piegare lo spazio e il tempo.

La guerra militare tra la casata degli Atreides e quella degli Harkonnen per il dominio della fonte principale di ricchezza, la “spezia”, si trasformerà quindi in qualcosa di più grande. Si sviluppa così un contesto che ha tutti i presupposti per lo scoppio di una vera e propria Guerra Santa per la distruzione dell’Imperium.

Tra Fantascienza e Thriller

Dune è tecnicamente un film di fantascienza ma al tempo stesso si “comporta” come un thriller. La storia scorre molto lentamente (lentezza di cui non pochi si sono lamentati) e primeggiano i dialoghi, densi di informazioni rilevanti, mentre le scene d’azione sono molto ridotte e non sono neanche così dinamiche e cruente come ci si aspetterebbe da un film del genere. Però durante la visione la suspense e la tensione sono sempre costanti, con picchi di stravolgimento che tengono alta l’attenzione e rendono il ritmo del film incalzante. Comunque maggiore importanza è data ai personaggi, alla loro evoluzione psicologica e tutto questo ci aiuta anche a capire meglio gli sviluppi della trama che altrimenti, essendo di base molto complessa, resterebbe per noi incomprensibile.

Un cast stellare che funziona alla perfezione

Anche il cast risulta effiiciente alla caratterizzazione dei personaggi e quindi alla comprensione degli eventi narrati. Abbiamo in primo luogo Timotee Chalamet, nei panni del protagonista Paul Atreides, che riesce ad interpretare bene il ruolo del ragazzo insicuro (all’inizio) che poi successivamente ha un’ evoluzione psicologica, gestita molto bene dalla sceneggiatura, e quindi acquisisce una certa sicurezza, consapevole di avere il compito di salvare l’intera umanità. Zendaya per adesso è quasi una comparsa, dato che il suo personaggio avrà uno sviluppo nel prossimo film. Altri attori dalle prestanze non proprio gradite dalla stragrande maggioranza del pubblico, come ad esempio Dave Bautista, hanno funzionato molto bene nei propri ruoli. Anche Jason Momoa funziona nei panni di Duncan Idaho, personaggio che gli sta a pennello (guerriero e anche una sorta di tutore di Paul). Oscar Isaac rappresenta una figura paterna autoritaria e affettuosa, oltre che un leader per l’intera umanità; infine anche Rebecca Ferguson riesce ad essere magnetica e molto convincente nella sua interpretazione di Lady Jessica, la premurosa madre del protagonista che lo sostiene e al contempo agisce in funzione di un disegno superiore.

Dune di Denis Villeneuve

Una sceneggiatura semplice ma diretta

Nella linearità del racconto è da riconoscere il merito della sceneggiatura, scritta da Villeneuve in collaborazione con Eric Roth (Forrest Gump, Munich) e Jon Spaiths (Doctor Strange), che tenendo fede al romanzo fa emergere tutti gli aspetti realisticamente negativi della storia, senza cercare di indorare la pillola attraverso espedienti quali ad esempio discorsi commoventi, scene eccessivamente patetiche o battute divertenti (come ad esempio avviene spesso nei Cinecomics). Persino il rapporto madre-figlio, tra il protagonista Paul e la madre Lady Jessica , ha caratteri contrastanti: la donna è una madre premurosa ma allo stesso tempo è una delle Bene Gesserit, quindi è distaccata in quanto consapevole di quello che il futuro ha in serbo per suo figlio, ed è totalmente convinta che sia giusto fare qualsiasi cosa pur di perseguire la profezia; e così anche Paul è consapevole di ciò che lo aspetta e si sente pronto ad agire in funzione di un disegno più grande.

La chiarezza nella composizione della sceneggiatura trionfa anche lì dove Lynch aveva fallito: si riesce a rendere comprensibile (soprattutto per i non lettori) un universo estremamente complesso e dettagliato, degno di Tolkien o del più recente Trono di Spade. Infatti mentre Lynch si serviva di ripetizioni, voice-over e visioni dei personaggi, Villeneuve e gli altri si limitano ad inserire nei dialoghi stessi alcuni spiegoni, seppur molto brevi, eliminando quindi tutto ciò che non è funzionale alla spiegazione del racconto.

Il finale che lascia la storia a metà

Riguardo al finale non c’è molto da dire, visto che stiamo parlando di un film che resta volutamente incompleto (perché rappresenta, come è stato stra-ripetuto, soltanto la prima parte del romanzo). Sicuramente come tanti altri finali di Denis Villeneuve, lascia aperte tante prospettive, ma non si può parlare di una vera e propria mancanza (diretto a coloro che lo definiscono un film “tronco”).

E quindi non ci resta che aspettare, con tanto hype, la seconda parte della storia!


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