Romolo e Remo dietro il velo delle vestali

Conosciamo tutti, più o meno da quando siamo bambini, la storia leggendaria di Romolo e Remo, i gemelli che diedero vita alla città di Roma. Ecco perché in questo articolo vi porto a passeggiare nel ventre della madre.

Tusculanum

Mito, leggenda e storia un trio che si fonde in un unicum che rende speciale molte parti del Lazio e dove Roma non è che la fine del percorso. Ma dove possiamo trovare le tracce concrete di questo mito? Possiamo partire visitando il sito archeologico dell’acropoli pre-romana di Tuscolo sita sui Colli Albani. L’acropoli, che per un lungo periodo ha vissuto la coesistenza di tradizioni sia etrusche che romane, offre ai visitatori la possibilità di visitare le rovine che sembrano essere state al passo coi tempi unendosi in modo organico sia all’epoca medievale, alla cristianizzazione e soprattutto al paesaggio che le circonda. Qui, dove le leggende legate alle progenie di Enea sono davvero numerose, ha trovato asilo ciò che resta del fiume leggendario, quello che quietò le sue acque impetuose per portare i due gemelli storici, Romolo e Remo, dritti al Tevere.

Romolo

Fonte foto: Wikipedia

Il fiume Albano

Vi sto portando in questa passeggiata virtuale come se fossimo dei gamberi o forse è meglio scrivere come se fossimo degli archeologi, partendo da oggi per arrivare ad uno ieri con più di 2000 anni sulle spalle. Questo perché oggi, Il fiume che per primo accolse la cesta, contenente Romolo e Remo, nelle sue acque oggi non scorre più nel suo letto originale e, come scritto poco sopra, trova posto a Tuscolo. Passeggiando nell’acropoli potrete incontrare ciò che resta del fiume, qui sgorgano ancora le sue acque, acque che hanno perso la loro forza leggendaria e la loro casa d’origine. Come mai? Inizialmente a causa del sollevamento del lago Albano avvenuta circa 4500 anni fa. A causa di questa variazione una grande quantità di sedimento andò a modificare la morfologia di una buona fetta del territorio circostante. Il fiume nato tanto impetuoso smette di essere un affluente del Tevere e le sue acque iniziano ad unirsi con quelle del fiume Arione. Infine, nel 1122, la mano umana ne devia ancora il corso facendo finire le sue acque nella diga di Moreno per indirizzarlo verso gli opifici e i mulini romani. Oggi, del vecchio fiume non rimane che un fosso che prende il nome di Fosso dell’Incastro. Un po’ come se tutto dovesse rimanere nascosto sotto ad un velo.

Intrighi e stirpe mitica

Quello che sto per raccontarvi adesso e che per noi è mito per nostra fortuna per gli antichi romani era storia. Scrivo per fortuna poiché grazie a questo conosciamo ogni retroscena nel dettaglio. Silvia Rea era la figlia del re Numitore e nipote di Amulio. Numitore era un signore che prestava aiuto ai più deboli ed ascoltava anche la voce dei plebei. Un signore giusto e amato da tutti e che, come spesso accade, proprio per via della sua bontà viene spodestato da suo fratello Amulio. Nel momento in cui Amulio inizia a regnare sui Colli Albani mette in atto il suo piano: vuole che l’unica stirpe discendente da Enea e con il diritto di regnare sui Colli Albani sia la sua ed esorta la nipote a diventare una vestale.

La dea Vesta, le vestali e Silvia Rea

Silvia Rea non ha molta scelta e intraprende la strada di eterna vergine per servire una dea molto importante a livello pubblico: Vesta. Vesta è la dea romana sicuramente in parte retaggio della mitologia greca e legata alla dea Estia ma che incontra e si incrocia una figura femminile legata al culto della fertilità autoctona. Così Vesta si trova ad essere la dea del focolare privato ma anche pubblico, e che nella Roma dell’impero troverà la sua fortuna proprio nella sfera pubblica ma torniamo a Silvia Rea. Mentre la giovane adempie al suo nuovo compito viene avvicinata niente meno che dal dio Marte che le sussurra all’orecchio che il frutto del loro amore si paleserà con la nascita di due gemelli maschi. Le vestali tengono il segreto ma purtroppo il perfido zio viene a conoscenza della gravidanza.

Epilogo tra i flutti

Amulio in preda ad una grande rabbia sentenzia che la nipote venga sacrificata e i piccoli gemelli abbandonati in gran segreto alla furia del fiume Albano. I piccoli semidei però hanno dalla loro parte il papà Marte e la zia alla lontana Vesta. Così la corrente del fiume si placa per cullare dolcemente i piccoli fin dentro al Tevere. Da qui in poi la storia è quella che conosciamo. Le acque del Tevere fanno approdare la cesta ai piedi di un fico e noi continueremo questa passeggiata lungo la salvezza che ha portato alla fondazione di Roma nel prossimo articolo.