Il 15 luglio 1956 nasceva a Stretford, vicino Manchester, Ian Kevin Curtis, simbolo oscuro del post punk e della dark wave.
Un ragazzo inquieto, controverso, affascinato dalle opere decadenti della poesia e dell’arte in generale, musica compresa. Fu proprio la musica fin da piccolo la sua passione più grande. Da adolescente era solito trascorrere interi pomeriggi ascoltando David Bowie, Velvet Underground, Jim Morrison e Sex Pistols.
Con un occhio al decadentismo di Bowie e uno alla punk anarchy, consumava i dischi che di tanto in tanto rubava al mercatino di Macclesfield, riportando un successo dopo l’altro a scuola, nonostante le distrazioni dovute allo sballo da abuso di medicinali con gli amici.
L’epilessia e i Joy Division
A 19 anni sposa Debora Woodruff, compagna di liceo e dopo tre anni nasce la loro Natalie. Ma già nel 1978 per Ian inizia il periodo buio che lo trascinerà sempre più in basso. Inizia a soffrire di epilessia, la malattia che influirà su ogni aspetto della sua vita.
Un anno dopo, però, la sua passione inizia concretizzarsi: ad un concerto dei Sex Pistols Curtis conosce Bernard Sumner e Peeter Hook. Con loro forma dapprima la band Warsaw (in omaggio a Bowie e al suo capolavoro “Warszawa“, contenuto nell’album Low) che, successivamente, a formazione completa, si rinominerà Joy Division.
Joy Division (reparto gioia). Era così che i nazisti chiamavano i “reparti” in cui le prigioniere erano costrette a soddisfare i carnefici. Il nome del gruppo, unito alla grafica di copertina dell’Ep appena pubblicato (opera di Bernard Sumner) e al look adottato dalla band, porta a numerose accuse di filo-nazismo da parte della stampa inglese.
L’epilessia è sempre dietro l’angolo: i movimenti ossessivi ben presto sul palco diventano parte della sua personalità oscura, gli sbalzi d’umore dovuti all’assunzione di medicinali per contrastare i frequenti attacchi epilettici, unita al consumo di altre sostanze alterano il suo essere. “I’ve got the spirit, Lose the feeling” recita la prima traccia del primo disco dei Joy Division: Disorder è quanto di più profondo possa esprimere la voce baritona di Curtis. L’intero disco Unknown Pleasures sembrerebbe il racconto del declino della sua vita matrimoniale, della relazione extraconiugale con Annik Honorè, sua fan e giornalista e della perdite di se stesso.
Il successo non riesce a curare l’inquietudine e la depressione che, seppure facessero da protagonista nei testi delle canzoni, non facevano presagire ai membri della band il triste epilogo.
Love will tear us apart apre gli occhi: l’amore non può tutto. “L’amore ci farà a pezzi, ancora una volta“. Lo ha fatto con Ian che, tre settimane dopo aver girato il video di questa struggente canzone, decide di togliersi la vita, ponendo fine all’inquietudine e alla sofferenza di un ragazzo di soli 23 anni.
Oggi a 43 anni dalla sua morte, l’eredità di Ian Curtis non è solo il disco d’esordio della band. Qualche mese dopo la sua morte, i Joy Division pubblicano Closer, il secondo e ultimo disco della loro breve ed intensa carriera.
Laureata in marketing e masterizzata in comunicazione e altro che ha a che fare con la musica. Fiera napoletana, per metà calabrese e arbëreshë, collezionista compulsiva di vinili, cd o qualsiasi altro supporto musicale. Vanto un ampio CV di concerti e festival.