Eurovision Song Contest: tutto l'(in)dimenticabile della finale

Fonte foto viterbotoday

Eurovision Song Contest: l’evento non sportivo più visto al mondo è tornato. Abbiamo lasciato decantare nelle nostre menti il ricordo e la vittoria ucraina dal forte impatto emozionale, abbiamo streammato per il mesetto successivo o poco più “Stefania” ed è proprio così che riapprocciamo l’evento musicale europeo più atteso dell’anno.

La finale dell‘Eurovision Song Contest 2023 si correda di effetti scenici di forte presa sulla platea. Le esibizioni, di cui avevamo avuto un giusto spoiler nelle semifinali, non deludono l’aspettativa da baraccone europeo, tra canti locali, rivisitazioni techno e spettacoli nosense.

Cosa ricorderemo di questa finale

1. Le “due vite” di Marco Mengoni

L’hype per Marco Mengoni è forte fin dall’inizio, aizzato ancor di più dalla comunità LGBTQ+ non appena il nostro rappresentante sfila con due bandiere, una italiana, l’altra arcobaleno. Il cantante di Ronciglione non è nuovo all’Eurovision. Sono passati ben 10 anni, una vita fa, da quando calcò il palco europeo con la sua ballad “L’essenziale“, piacevole quanto basta, specchio di una maturità artistica ancora non radicata.

Mengoni, 10 anni dopo, forte del suo background di stadi, platini e successi, regala una performance dall’intonazione impeccabile. L’interpretazione oltrepassa ogni barriera linguistica, senza mai abbandonare quell’emotività che gli consente di portare a casa un’esibizione che oseremo dire perfetta. Ma non abbastanza trash, non abbastanza baraccone, nè abbastanza plagio internazionale. La posizione in classifica ci regala comunque un dignitosissimo quarto posto. Menzione speciale per il premio “miglior composizione” che ci inorgoglisce ulteriormente.

2. Loreen, la svedese vincitrice

Loreen ha già vinto nel 2012, portando la sesta vittoria in casa svedese. Con Tattoo colleziona la settima medaglia europea posizionandosi al fianco dell’Irlanda. Di questa vittoria ricorderemo il look animalesco, le unghie non umane e qualcosa anche del pezzo. Effettivamente ti ricorda The winner takes it all degli Abba e scorrendo i minuti ci senti qualche altra decina di canzoni dentro. Rimarrà un indimenticato plagio plurimo.

3. I Kalush Orchestra, vincitori 2022

I Kalush Orchestra attaccano emotivamente le nostre orecchie ad un anno di distanza con “Troverò sempre la strada di casa, anche se tutte le strade saranno distrutte” mentre visivamente scorrono immagini della città ospitante Liverpool e dell’Ucraina ancora oggi martoriata da nefandezze belliche. Ritorneremo per un altro mese a streammare, ballare ed invocare al suono del piffero “Stefania”.

4. Il Cha cha cha finlandese di Käärijä

La Finlandia schiera un tipo dalle dieresi multiple. In poco più di 2 minuti, un susseguirsi di domande: satanico? Techno? Ti ritrovi in un loop inconsapevolmente allucinogeno/divertito dove tutto è confuso tranne quelle maniche verdi fluorescenti e gonfiabili. Quelle no, non te le scordi. E neanche il Cha cha cha che il pubblico canta aspettando l’esibizione del vincitore, che purtroppo non porterà il nome di Käärijä. Occuperà in compenso un ottimo secondo gradino del podio.

5. La dance anni ’90 del Belgio

Gustaph porta un credibilissimo pezzo dance anni ’90. “Che nostalgia” avrà pensato il pubblico da casa, lo stesso che è riuscito a regalargli un inaspettato settimo posto. Because of you si inserirà facilmente nei djset estivi. Ballabilissima.

6. Croazia premio follia

Nel 1997 i Let 3 hanno pubblicato un CD interamente vuoto vendendo 350 copie. Questo già basterebbe per rapire la nostra attenzione. Si presentano sul palco come dei Village People, ma in versione cheap e squilibrata. Il brano è contro la guerra e numerosi sono i riferimenti a Putin. Assistere alla loro esibizione è come entrare in un trip mentale da TSO da cui incredibilmente non vuoi uscire.

Cosa preferiremmo dimenticare

1. Mahmood e la sua Imagine

In un’intervista mandata in onda poco prima della sua esibizione, aveva previsto due possibilità: “O sono pomodori o andrà bene“. Certo, nessuno avrebbe voluto mettersi nei suoi panni: invitato dalla BBC a Liverpool, patria dei Beatles e di Lennon, per cantare in eurovisione un capolavoro della storia della musica. Imagine è un classico a cui è difficile riapprocciarsi da interprete. Rimanere fedeli o riarrangiare? Farne un’acustica o rivisitarla in chiave attuale? È il tipico caso in cui come fai sbagli. Il risultato fa storcere il naso ai più. Noi preferiremmo dimenticare e mantenere vivo il ricordo di Mahmood con “Soldi” e del secondo posto guadagnato qualche anno fa.

2. I visti e stravisti

I Tom Walker/Rag’n’Bone contro la guerra, come quello portato dalla Svizzera; i fenomeni da baraccone in stile Game of Thrones e sfoggio non richiesto di vocalità (vedi l’italonorvegese Alessandra Mele); la famiglia albanese che riporta sul palco qualche canto locale; i moldavi che puntano all’emulazione dei compagni ucraini ex vincitori che “non si sa mai”; la femme fatale polacca che gioca a fare la diva alla Beyoncè. La Spagna con il flamenco rivisitato. Tutto trito e ritrito. Noioso e dimenticabilissimo. Non ci resta che invocare il demonio con la Germania in latex rosso, collezionando tazze Disney con il frontman.

3. Vive la France… Ah no

La Francia ha quel brutto vizio di sbatterti in faccia allure, eleganza e ritornello catchy. Ma La Zarra “Èvidemment” non è stata abbastanza. In classifica guadagna posizioni ben lontane dal podio. E la classe, quella tanto declamata, ci saluta con un dito medio ben in vista e un’alzata di tacchi prima dell’annuncio del vincitore. Adieu.