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“Meet me in the bathroom” il documentario e il ritorno degli Strokes

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Fonte immagine di copertina:  SPIN

Si intitola “Meet me in the Bathroom” ed è un documentario che raccoglie interviste agli artisti che, nell’anno 2000, hanno reso di nuovo effervescente il movimento del rock’n’roll di New York.

L’ideazione e la realizzazione del documentario portano la firma di Dylan Southern e Will Lovelance, ispiratisi al libro di Lizzy Goodman, “Rebirth and Rock and Roll in New York City 2001-2011”, che parlava proprio di un revival del rock’n’roll e del movimento musicale della “Big Apple”.

Presentato al BFI Festival di Londra lo scorso 14 ottobre, avrà la sua première il prossimo 30 ottobre alla Webster Hall.

Il documentario ci ricorda, come fosse una capsula del tempo, quali fossero i momenti storici dell’anno 2000. Soglia temporale che ci preoccupò per il bug atteso, temuto e non verificato nella realtà; che portarono l’inizio del “decennio breve”, che ci ha letteralmente travolto con tutte le innovazioni apportate. Quel primo anno, quello dell’inizio del Terzo Millennio, segnò anche una rinnovata forza musicale, una sorta di rivoluzione energetica che recuperò il rock’n’roll attraverso la volontà di gruppi come Strokes  e Yeah Yeah Yeahs , solo per citarne alcuni, i più rappresentativi.

I contenuti

Il film è un contenitore di filmati anche amatoriali, clip di concerti, interviste e rende uno spaccato essenziale, duro, aspro con il fine di rendere chiaro l’ambiente e il momento storico, quello compreso tra il 1999 e il 2004, attraverso il quale sono nate e cresciute le storie degli artisti.

Come in un film Karen O, la front woman dei Yeah Yeah Yeahs ci racconta la sua vita nel Jersey a suonare ballate acustiche, fino alla ribalta dei palchi della metropoli.

La parte più importante del film è, però, dedicata agli Strokes, la band più famosa. In un rapporto forse non rispettoso della storia del musica moderna, gli Strokes potrebbero ricordare i Beatles per la loro forza innovativa, per la capacità di farsi icone di un movimento. Il loro modo di porsi, spesso ubriachi e incorrect, ha dipinto l’immagine del divertimento che offriva l’essere membri di una rock band. Julian Casablancas, il frontman degli Strokes, recupera l’aria da angelo perduto, come poteva essere quella di Kurt Cobain, per fare un esempio, ma nel film non c’è mai una definizione precisa della sua personalità. Così come il documentario non restituisce altro che la differenza tra il rock’n’roll storico e quello che rivive nell’esperienza dei nuovi gruppi.

Comunque un esperimento interessante da gustare attraverso un prodotto cinematografico stimolante.


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