Pierangelo Bertoli amava definire sé stesso l’artigiano della canzone. A ventuno anni dalla sua morte, avvenuta il 7 ottobre 2002, rimane forte il ricordo di questo cantautore, quasi un cantastorie della sua terra. Le parole delle sue canzoni che hanno caratterizzato il mondo della musica italiana dagli anni settanta al duemila sono ancora estremamente attuali. Anche se la rabbia con cui lui le cantava oggi si è dissolta troppo spesso nel qualunquismo imperante.
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Le origini
Nacque a Sassuolo il 5 novembre 1942. I genitori erano operai ed in casa c’era solo il necessario, amava raccontare che non avevano neppure la radio. Lui conosceva la musica grazie al fratello Gianni che con il suo gruppo si ritrovava a suonare nella cantina di casa Bertoli. Pierangelo era costretto ad usare la sedia a rotelle poiché era stato colpito dalla poliomielite all’età di dieci mesi. Nonostante, o forse proprio per questo, cercò di affrontare la vita a muso duro e di non farsi mettere da parte.
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I primi passi nella musica
Aveva già venticinque anni quando degli amici gli prestarono una chitarra. In un anno imparò ad usarla e a comporre le prime musiche per le canzoni che aveva già scritto. I suoi testi erano pieni di riferimenti sociali e politici e le sue melodie andavano dalla musica popolare al rock. Le prime esibizioni le fece in presenza di amici e parenti, poi lo chiamarono nelle feste di paese e di partito e, infine arrivarono i concerti negli stadi. Andai a un suo concerto nei primi anni ottanta e ricordo la passione che riuscì a trasmettere. Suonò per quasi tre ore praticamente senza pause e noi cantavamo tutti con lui. Fu davvero una esperienza ad alto impatto emotivo.
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Il successo
Nel 1979 uscì l’album A muso duro che fu il primo ad avere un grande successo di pubblico. La canzone dalla quale prendeva il titolo può essere intesa come il manifesto dell’uomo e dell’artista. In essa criticava i discografici e i falsi poeti ed esaltava, inoltre, la funzione sociale e aggregativa di quello che era diventato il suo mestiere: il cantante. Fu in quel periodo che conobbe e sposò Bruna Pattacini. Ebbero tre figli tutti in qualche modo legati alla sua musica: a Emiliano dedicò le parole bellissime e piene di amore della canzone Dietro di me; a Petra intitolò l’omonimo album; Alberto ha seguito le orme paterne e, come dice lui, “porta avanti la Bottega di Famiglia”.
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L’amore per la sua terra e l’impegno sociale
Pierangelo amava molto la sua terra e partecipava volentieri ad iniziative di solidarietà e beneficienza. Nelle sue canzoni scriveva delle ingiustizie che vedeva accadere nel mondo, della vita, della guerra. La sua popolarità, legata alla sua persona oltre che all’uomo che era, crebbe al punto da farlo diventare maestro e mentore di artisti quali Luciano Ligabue.
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E allora Sanremo?
Bertoli non disdegnò la presenza a Sanremo. Memorabile la sua partecipazione, nel 1991, con i Tazenda e la splendida canzone Spunta la luna dal monte. Nella versione originale del gruppo sardo si intitolava Disamparados ma presentarono la variante in italiano scritta da lui.
L’anno seguente tornò con il brano Italia d’oro, una denuncia contro il malcostume imperante nel Paese che anticipò di poco gli eventi di Tangentopoli.
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Le tematiche importanti
I testi di questo cantautore hanno affrontato tematiche importanti come l’inquinamento, l’uso delle armi atomiche, la guerra. Già nel 1976 Eppure soffia li affrontava tutti insieme ma non era un canto disperato. Proprio quel vento Pierangelo sperava che avrebbe ripulito le acque e la terra, e avrebbe baciato i fiori senza coglierli e scompigliato i capelli alle donne. Nel 1980 con Certi momenti affronta la tematica dell’aborto criticando la Chiesa Cattolica per la sua posizione. Nello stesso album è contenuta anche Pescatore nella quale duettava con Fiorella Mannoia. Nel testo si intrecciano le storie di un pescatore che lotta contro la furia del mare cercando di portare a casa una pesca proficua e quella della moglie che, sola per lunghi periodi, tradisce il marito per poi pentirsene. I suoi testi non furono mai banali e nonostante i molti spunti politici è possibile affermare che l’impegno di Bertoli era più mirato alle tematiche sociali e civili.
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Il Premio Pierangelo Bertoli
Dal 2013 è stato istituito il Premio Pierangelo Bertoli la cui direzione artistica è da allora affidata al figlio Alberto e a Riccardo Benini. Il Premio viene riconosciuto a quei cantautori che, come Pierangelo Bertoli, hanno saputo arrivare al cuore delle persone grazie ai loro testi, al loro impegno sociale, al loro non essere interessati ad aderire alle tendenze di moda e di pensiero. Sono stati finora premiati artisti del calibro di Luca Carboni, Eugenio Finardi, I Nomadi, Mariella Nava, Niccolò Fabi, gli Stadio, Ermal Meta, Luca Barbarossa e molti altri. Inoltre la serata finale vede assegnare, a seguito di selezioni svolte a livello nazionale, il premio Nuovi Cantautori che consiste in un riconoscimento in denaro.
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Il Premio Bertoli 2022
Lo scorso anno, in occasione dei 20 anni dalla morte e degli 80 anni di Bertoli, il Premio Pierangelo Bertoli ha raddoppiato con due serate al Teatro Storchi di Modena: nella prima serata, il 31 ottobre, l’evento “Alberto Bertoli canta con Pierangelo Bertoli” che ha preannunciato l’uscita di un CD con i più grandi successi della Bottega Bertoli cantati da padre e figlio. Il primo novembre invece è stata la volta della tradizionale finale del Premio durante la quale le canzoni dei finalisti sono state giudicate da una giuria diversa presieduta dalla famiglia di Michele Merlo. Novità del 2022 anche l’assegnazione della prima Targa Merlo del valore di mille euro.
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Credo che Pierangelo Bertoli meriti questo impegno portato avanti dalla sua famiglia e dai musicisti che hanno avuto modo di conoscerlo e lavorare con lui. Mi piace pensare che, ovunque sia, abbia una chitarra e continui a cantare per noi il suo inno alla speranza:
“Eppure il vento soffia ancora
Spruzza l’acqua alle navi sulla prora
E sussurra canzoni tra le foglie
Bacia i fiori, li bacia e non li coglie”
La mia speranza è che Qualcuno lo ascolti.
Monica Giovanna Binotto è un nome lungo e ingombrante ma è il mio da 57 anni e ormai mi ci sono affezionata. Ho sempre amato leggere. Fin da bambina. E anche scrivere, ma senza mai crederci veramente. Questo mi ha aiutato negli studi. Ho una laurea in Economia e Commercio e una in Psicologia dello Sviluppo. Da cinque anni faccio parte di un gruppo di lettrici a voce alta, le VerbaManent, con il quale facciamo reading su tematiche importanti sempre inquadrate da un’ottica femminile e mi occupo di fare ricerche e di scrivere e assemblare i copioni. Negli ultimi due anni, per colpa o merito di questa brutta pandemia che ci ha costretti in casa per lunghi periodi, ho partecipato a diverse gare di racconti su varie pagine Facebook e mi sto divertendo tantissimo anche perché ho conosciuto tante belle persone che condividono i miei stessi interessi.