Parità salariale

In Italia la parità salariale tra uomo e donna è legge

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Fonte foto: dealogando.com

Il ddl sulla parità salariale di genere è diventato legge: infatti il 26 ottobre scorso il Senato ha approvato all’unanimità e in via definitiva la proposta di legge recante “Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo”, che entrerà in vigore a partire dal prossimo 3 dicembre (nel dettaglio).

Il cosiddetto “gender pay gap” (divario retributivo di genere) ha sempre rappresentato una piaga nel nostro Paese, e nel mondo più in generale. Se ne discute ormai da molto tempo, ma il passaggio all’azione è sempre molto lento. Adesso sembra però che un piccolo ma importante passo sia stato fatto.

Questa riforma prevede novità importanti sul piano delle discriminazioni di genere, cioè innanzitutto una maggiore trasparenza da parte delle imprese, che sono tenute a stilare un rapporto sulle retribuzioni del personale, e implica anche l’introduzione di un sistema di premiazione che incentiva i datori di lavoro a prevenire i potenziali divari retributivi e a promuovere la cultura delle pari opportunità.

Questo non vuol dire che d’ora in avanti pagare un uomo più di una donna a parità di incarichi sarà illegale, poiché ricordiamo infatti che ciò è già stabilito dall’ Art. 37 della Costituzione italiana insieme con lo Statuto dei Lavoratori e il Codice delle pari opportunità, nati proprio per regolare in questo senso i rapporti di lavoro.

parità salariale

Il nuovo provvedimento contiene una serie di modifiche e di integrazioni alla disciplina attuale. Fra le principali novità, dal 1° gennaio 2022 per le aziende verrà introdotta una “certificazione della parità di genere” ed uno sgravio fiscale per chi ne è in possesso. È previsto anche un punteggio premiale per l’accesso ai fondi europei, nazionali.

Per quanto riguarda le azioni che danno luogo a discriminazione, viene introdotta una nuova fattispecie. Viene, infatti, considerato discriminatorio anche quel trattamento che, a causa del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità (anche adottive) pongono la lavoratrice o il lavoratore in “posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri. E creano ostacoli riguardo ad avanzamento e progressione nella carriera”.

Insomma, è sicuramente ancora lunga la strada per eguagliare i diritti maschili e femminili e superare il divario retributivo, ma questa legge crea le condizioni affinché ciò nel tempo accada. Non ci resta che aspettare per vederne i risultati.


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