Fonte foto: Parco Archeologico di Ercolano, ANSA.it
Ercolano, riva dell’antica spiaggia. L’incredibile notizia arriva direttamente dal Parco Archeologico: è stato ritrovato un nuovo scheletro.
Era dalla fine degli anni ’80 che gli scavi presso uno dei siti archeologici più importanti al mondo non proseguivano. Eppure, ad oggi, solo una piccolissima parte dell’antica Ercolano è stata portata alla luce; circa quattro degli oltre venti ettari che un tempo rappresentavano un’ambita meta di residenza per l’aristocrazia romana. Un gioiello geografico e architettonico affacciato direttamente sul mare.
Attualmente, difatti, rimangono ancora sepolte innumerevoli aree della città, come il Foro, i templi, le case e la necropoli. Ma c’è una zona in particolare che interessa i ricercatori: la spiaggia.
L'antica riva della spiaggia
Il ritrovamento
Da dove adesso si staglia un’alta parete di circa ventisei metri, un tempo si sarebbe potuto ammirare il mare e il meraviglioso Golfo di Napoli. Ma il flusso piroclastico di quella tragica notte ha spinto la riva ad oltre 500 metri di distanza e ha seppellito il tutto sotto quella che ora è un’enorme muro di roccia.
Resti di legno carbonizzato, tutti lavorati, e un grosso pezzo di trave che arrivava dalla città, spinto dal flusso. Un’enorme quantità di materiale di ligneo, un fatto unico nell’archeologia del mondo antico. E, sotto questi elementi architettonici, i resti di uno scheletro.
È proprio qui che ha rivisto la luce, dopo duemila anni, il corpo di un fuggiasco – o forse di un soccorritore – sepolto da metri e metri di materiale piroclastico. Presentato alle telecamere dal Direttore Francesco Sirano, alla guida del Parco dal 2017, si parla di una scoperta sensazionale e dalla quale i ricercatori si aspettano di ricavare informazioni importanti.
Dalle prime analisi antropologiche, che si è già iniziato a condurre, pare trattarsi dei resti di un maschio adulto, d’età compresa tra i 40 e i 45 anni, con le gambe mutilate presumibilmente in seguito allo scontro con il muro vulcanico. Una morte tremenda, che la vittima aveva tuttavia guardato in faccia: il corpo è difatti stato ritrovato con la testa in direzione del mare, ma rivolto verso la città – da dove sopraggiunse, ad oltre 100 km/h, una mortale nube piroclastica.
Il nuovo scheletro ritrovato nell'area dell'antica spiaggia, Fonte foto: Parco Archeologico di Ercolano, ANSA.it
“Faremo un rilievo attentissimo, in maniera da poter riprodurre questa stessa identica situazione graficamente ed eventualmente in museo, anche dal punto di vista di un ricostruzione, ad esempio, con una stampante 3D”, spiega ai microfoni il Dir. Sirano, nei primi momenti di presentazione delle scoperta. “Poi cominceremo a smontare questo crollo, questo ammasso di materiali, in modo tale da poter liberare lo scheletro. Dopodiché procederemo con delle lame in metallo a tagliare un pezzo di terra, naturalmente molto più grande dell’ingombro dei resti, per poter poi proseguire in laboratorio l’ultima parte dello scavo”.
Non si conoscono ancora i dettagli della vittima, chi fosse e se avesse avuto con sé degli averi personali. Fu uccisa all’istante da una nube ardente che coprì tutte le zone circostanti il Vesuvio, una valanga di oltre 500 gradi, così densa da non aver ossigeno all’interno. E che spazzò via tutte le parti alte degli edifici, con un effetto sugli esseri umani di totale evaporazione.
Lo stesso motivo per il quale molte delle ossa ritrovate ad Ercolano hanno una particolare colorazione rossa: l’impronta lasciata dal sangue in seguito ad una combustione praticamente immediata.
L’eruzione
Anche Ercolano subì lo stesso tragico destino di Pompei, ma con tempistiche e modalità differenti. Quando il Vesuvio eruttò, in un giorno di ottobre del 79 d.C., enormi quantità di lapilli, pomici e rocce magmatiche vennero scagliate verso l’alto per oltre venti chilometri, ricadendo poi come grandine sulle zone vicine.
Tra cui Pompei, dove causò una prima fase di devastazione, dovuta al crollo dei tetti e alla pioggia omicida che non diede scampo a chi si trovava all’esterno. Fu questa prima furia distruttiva a colpire la città, prima ancora delle nubi ardenti e delle colate laviche che ne fecero seguito il giorno successivo.
Scenari apocalittici, soprattutto per l’epoca, testimoniati da Plinio Il Giovane, il quale al tempo si trovava a Miseno con la sua famiglia, e che molti anni dopo narrò la vicenda all’amico Tacito. Una vicenda che vide protagonista proprio lo zio, il rispettabile Plinio Il Vecchio, partito con una spedizione marina alla volta di Ercolano per tentare di salvare l’amico Cesio Basso.
Ad Ercolano la tragedia si consumo almeno dodici ore più tardi, dando il tempo ai cittadini di ben comprendere la gravità della situazione e tentare di mettersi in fuga. Fu così che molti di loro si recarono alla spiaggia, portando con sé i loro averi più preziosi, nella speranza di poter fuggire su qualche imbarcazione.
Nel 1982 fu ritrovata la chiglia di una barca, lunga oltre 9 metri, equipaggiata con tre coppie di rematori e guidata da un timoniere. A poca distanza, invece, si rinvenne lo scheletro di un ufficiale che indossava un cinturone, da cui pendevano un fodero con la spada e un pugnale. Presumibilmente, una lancia militare della flotta di Plinio Il Vecchio, segno che alcuni soccorsi erano effettivamente riusciti a raggiungere la città.
Nel frattempo, decine di persone si erano ammassate all’interno dei fornici, i magazzini portuali e ricoveri per barche posti fronte mare, dove ad oggi sono riaffiorati oltre trecento scheletri. Amici, familiari, amanti, stretti uno accanto all’altro nella speranza di poter sfuggire a quell’inferno. Una speranza frantumata per sempre nelle prime ore della notte.
“L’antica spiaggia sarà messa a secco”, afferma Sirano in un’intervista di qualche mese fa, “e il luogo tornerà a essere praticabile. Attualmente si cammina su una passerella sospesa su un piccolo laghetto che manteniamo a un livello bassissimo con delle pompe. Una volta prosciugato ci sarà un percorso libero verso la Villa dei Papiri la cui area sarà oggetto di restauro e di sistemazione per poter essere visitabile».
Giappone, archeologia, storia antica, videogiochi, horror, astronomia, marketing, scrittura. Sono felice quando gioco a Dragon Quest e quando tocco qualcosa di antico. Ho troppi interessi ed è per questo che amo scrivere: perché mi permette di viverli tutti.
Nata a Vicenza, sono laureata in Lingua Giapponese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ho vissuto per 1 anno a Sendai, nel Tohoku, e 2 anni a Napoli; mi sono specializzata in marketing e in quest’ambito lavoro ora nell’ufficio Marketing e Comunicazione di un’azienda TLC&ICT.. Il mio motto? 必要のない知識はない