Dei delitti e del(le) pene, in allegria

Dei delitti e del(le) pene, in allegria

Bentrovati cari impasticcati alla seconda pasticca dedicata al Beccaria e alla sua opera prima: “Dei delitti e delle pene”. Nella prima pasticca abbiamo trattato in modo approfondito il contesto storico in cui è divampato quest’ardore dell’autore nel condannare le ritrosie avvenute per mano dei potenti, oggi andiamo nel dettaglio di quanto egli scrive.

Pena di morte si? Pena di morte no?

Fino a quel momento, ovvero fino al 700 e 600  morire per mano di un boia, impiccati o addirittura ghigliottinati era considerato come qualcosa del tutto naturale, come un accadimento rientrante e conseguente semplicemente nel normale ciclo vitale di uno stato civile. Chi pareva colpevole di determinati reati doveva essere privato del suo bene più caro e più prezioso, quello di cui tutti dovremmo avere rispetto: la vita. Ma quanto può essere civile uccidere?

Dei delitti e delle pene

Si può, quindi, correttamente sostenere che questo dibattito sulla pena di morte, o meglio sull’opportunità di mantenerla, applicarla o abolirla definitivamente, affonda le sue radici nella storia moderna. Il suo inizio può essere datato 1764, anno in cui Cesare Beccaria dà alle stampe il celeberrimo trattato “Dei delitti e delle pene.” 

Le critiche all’opera

A causa di questa suo pensiero, non mancarono certe le critiche, che ovviamente arrivarono della politica ma non solo. Eh no, miei cari! Perché parlare di assassinio di un assassino può essere certo fonte di scontro, quando alla ragione presupponiamo anche l’umanità, nel contesto dell0ignoranza civile, ma quando le critiche arrivano da Kant ed Hegel, due domande me le farei.

Dei

Fonte foto: Wikipedia

Anche se ovviamente questo, di conseguenza portò una grande considerazione al testo e alla figura di Cesare Beccaria.

L’umanità che vince nel periodo delle riforme

Nonostante non siano affatto mancate opinioni diverse, come abbiamo potuto constatare è parere diffuso che il maggior contributo storico dell’Illuminismo sia stata la più grande riforma in senso umanitario del diritto penale, che ancora tutt’oggi vige in quei paesi chiamati civili.

Religione ed umanità

Entrando nel dettaglio, dovete sapere, cari impasticcati che nel Settecento, nei paesi europei, la pena capitale veniva applicata ad un numero elevatissimo di comportamenti a delinquere. Questo numero includeva due tipi di delitti: quelli “religiosi” (bestemmia, sacrilegio, eresia, magia) ovvero i cosiddetti peccati, nonché delitti quali il furto o la falsificazione di monete, considerato crimine di “lesa maestà”. Nel caso di delitti più gravi, inoltre, quali la ‹‹lesa maestà››, appunto, nonché i delitti di sangue, la morte era accompagnata da tormenti e torture come il supplizio della ruota o i morsi di tenaglie roventi. Insomma, gli americani con l’eutanasia se la passano ancora bene.

Cosa sosteneva il Becca?

In soldoni il Becca era avanti anni luce, e pensava che morte e torture non servavano assolutamente a nulla, se non a creare altro dolore e altro patimento. Inoltre chi uccideva si trovava nella stessa condizione di chi aveva commesso un reato. Beccaria sosteneva la rieducazione, voleva dei giudici giusti e tempi rapidi per le sentenze.

In conclusione…

Non voglio tediarvi oltre, credo che proprio come me se volete scoprire qualcosa in piu su questo personaggio storico molto più attuale di chi professa certi letterati antichi, sapete benissimo dove andare a spulciare. Quello che però mi piacerebbe che restasse è la riflessione su quanto la morte sia sempre la risposta sbagliata, sia dalla parte di chi commette reato, sia da chi dovrebbe attenersi alla giustizia.

…ed in allegria!!

Anche se. mio caro Becca, lasciatelo di.. Lorena Bobbitt resta sempre il mio idolo sulla tortura al marito dopo il tradimento, avrebbe dovuto scrivere anche lei un trattato: “Dei delitti del Pene” ma questa, è un altra storia.