Bentrovati miei cari ed amati impasticcati. Oggi ci occuperemo della pasticca alla seconda di Torquato Tasso, ovvero di un’opera meno famosa dell’autore conosciuto per “La Gerusalemme Liberata” che getta le basi sulle prime lotte religiose tra mussulmani e cristiani. Insomma, il primo scontro tra estremisti sui generis che pare vogliano e pretendono il bene, ma appena vedono i soldi e il potere, “vadaviaiciap” le belle parole e andiamo a combattere.
L’amore e il Dolore
Ma io oggi, non voglio tediarvi con problemi di tipo religioso politico, sappiatelo. Visti i tempi che corrono tra guerre e pandemie, non mi sembra proprio il caso di sfracellarvi le uova con questi argomenti, bensì proverò a declinarvi, come mio solito un tema che mi sta molto a cuore, e che il caro Torquato, recita e scrive molto bene nelle sue poesie d’ammoreee dal titolo “Rime”: il dolore. Il dolore verso la perdita di un amore, che si fa sentimento e natura. Ma andiamo per gradi:
Ripassiamo un po’ il Tasso (che non è animale)
Fonte Foto: Scuola.Net
Torquato Tasso è uno degli autori più noti del 500. Nasce nella bella Sorrento, ma poi per motivi di esilio del padre è dovuto fare il pendolare in quasi tutta Italia. Quindi l’infanzia del nostro Torqui, è risultata una vera e propria “rollocoster”. Fra l’altro, tra le mie svariate ricerche ho scoperto che il vecchio di Tasso aveva anche origine bergamasche (pota che scoperta sensazionale). Il giovane studiò a Napoli, dove gli venne impartita un’educazione gesuita e forse troppe pare mentali, che in seguito lo manderanno un po’ in pappa. La vera rivoluzione la ebbe a Ferrara, presso i duchi d’Este, dove visse gli unici anni tranquilli della sua vita. Tasso si sentì sempre soggetto alle critiche altrui, si sentì sempre in difetto, sempre alla continua ricerca di perfezione. Fosse nato alla nostra epoca, sarebbe stato più facile, ma all’epoca i filtri Instagram non c’erano e neppure tutta questa apertura mentale, che vantiamo e che a volte ostentiamo come giustificazione un po’ a tutto.
La pasticca nelle rime d’amore
La poesia di cui vi voglio parlare si trova nella composizione “Rime” di Tasso scritta tra Mantova e Brescia tra il il 1591 ed il 1593. Quando il poeta fu messo “in prigione” perché preso per pazzo. All’età di trent’anni cominciano a manifestarsi in Torquato Tasso i primi sintomi di squilibrio mentale in cui scrupoli religiosi e manie di persecuzione si fondono in un groviglio inestricabile. Il conflitto interiore della personalità del poeta Tasso, divisa tra le pulsioni sessuali e la forte religiosità, diventa progressivamente sempre più forte. Questo suo modo d’essere così inquieto, fatto di turbamenti e angosce, lo porta a poco a poco verso la follia. Ne sono testimonianza una serie di episodi incresciosi di violente aggressioni, dovuti alle sue manie di persecuzione e di autopunizione.
Dedicate a…
E’ in questo periodo cosi torbido, che nascono questi “madrigali” intitolate “Rime” che spaziano su una gamma tematica di insolita e davvero prodigiosa varietà: liriche d’amore, l’encomio (elogio) politico, liriche di fervore religioso e di confessione autobiografica. Da madrigali e sonetti emergono affascinanti immagini femminili, di una accentuata sensualità. Le liriche d’amore di Torquato Tasso sono dedicate alle donne che egli ha amato, Laura Peperara, figlia di un mercante, e Lucrezia Bendidio (I cognomi dicono tutto!….).
Qual rugiada o qual pianto
Questa madrigale (ovvero una sorta di poesia che appare a chi la legge con una certa musicalità) data dal ritmo e dal linguaggio che Tasso, partendo da situazioni sentimentali elementari e soprattutto semplici e quotidiane, riesce ad imprimere, attraverso parole che hanno più valore fonico, che significato logico e con effetti ritmici dati da pause, esitazioni sintattiche o ripetizioni ciò che è il sentimento verso colei alla quale è rivolto.
La prima parte della poesia
Qual rugiada o qual pianto,
quai lagrime eran quelle
che sparger vidi dal notturno manto
e dal candido volto de le stelle?
E perché seminò la bianca luna
di cristalline stille un puro nembo
a l’erba fresca in grembo?
La traduzione
“Quale rugiada o quale pianto, quali lacrime erano quelle che vidi spargersi nel cielo notturno, e dal volto luminoso delle stelle? E perché la bianca luna sparse, una pura nube (nembo) di gocce (stille) cristalline in grembo all’erba fresca? (allude al chiarore perlaceo della rugiada) Perché nell’aria notturna (bruna)… ”
Il dolore che si fa natura e che è natura
Questo testo poetico ha alla base un linguaggio di grande musicalità e sensualità che unisce sensazioni visive, tattili e uditive. Il motivo notturno, cioè della notte che ricorre nella poesia di Tasso, evidenziato dal cadere della rugiada notturna che rappresenta il buio del dolore e il pianto (degli elementi naturali: notte, stelle e luna) mentre soffiare della brezza pare riprodurre il lamento di tacito d chi soffre, è il pretesto per esprimere il dolore del poeta per la partenza della propria amata. Una personificazione che non ha eguale con la natura alla quale Tasso da l’arduo compito dell’essere estremamente dignitosa anche nel dramma. Un insegnamento anche per noi esseri umani.
La seconda parte della poesia
Perché ne l’aria bruna
s’udian, quasi dolendo, intorno intorno
gir l’aure insino al giorno?
Fur segni forse de la tua partita,
vita de la mia vita?
Traduzione
Perché nell’aria oscura si sentivano muovere le brezze tutt’intorno, fino all’alba, come se si lamentassero? Furono forse presagi della tua partenza, vita della mia vita?
Tra buio e luce
Tasso descrive un paesaggio naturalistico (la rugiada notturna che cade al suolo alla pallida luce lunare) che viene concretizzato e trasfigurato in una serie di metafore e interpretato come il “pianto” per la sua pena. Le sensazioni visive si giocano sull’antitesi buio-luce, ombre e oscurità attraverso l’opposizione tra il “notturno manto” (la volta celeste da cui cade la rugiada) e il volto “candido” (splendente) delle stelle, così come la “bianca luna” e “l’aria bruna“. Si aggiungono poi le sensazioni uditive delle “aure” che sono le brezze notturne che soffiano sino all’alba.
Il dolore che diventa meraviglia
Insomma una poesia che richiama all’amore, ma soprattutto alle pene d’amore che a volte ci fanno uscire pazzi, ed invece per Tasso, sono state anche la sua amara ed unica salvezza. Esattamente come la notte e la lacrima, che sono meraviglie, anche se a volte possono anche far male.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.