“Perciò, chi voglia penetrare la propria epoca, la osservi da lontano. A che distanza? Molto semplice: alla distanza giusta che gli impedisca di vedere il naso di Cleopatra”.
Così scriveva nel 1930 il filosofo e sociologo José Ortega y Gasset in una sua famosa opera. Libro che trattava in realtà di tutt’altro argomento, ma che rende onore alla storia e al passato con un pensiero di essenziale importanza. Ed è questo di cui l’archeologia, una scienza spesso vista come “vecchia”, ci fa dono con i suoi studi e le sue scoperte: toccare con mano il passato per poter percepire il presente.
Eppure non tutti sanno che l’archeologia è molto più di pala e cappello: gli ultimi anni hanno visto un importante sviluppo della strumentazione tecnologica impiegata nella ricerca e nell’elaborazione dei dati, e il Ground Penetrating Radar (GPR) è uno di questi. Utilizzato con versatilità in indagini geofisiche, come altresì per l’individuazione di ordigni inesplosi, il GPR permette la mappatura del sottosuolo tramite l’invio di onde elettromagnetiche ad altra frequenza. I segnali inviati e riflessi dai bersagli nel terreno vengono rilevati da un ricevitore, che ne registrerà quindi coordinate e variazioni. Appare quindi evidente l’utilità di una simile tecnologia, la quale consente sia di effettuare buone analisi preliminari, sia di andare sul sicuro senza incorrere in spreco di risorse e di tempo.
E la sua efficacia è stata dimostrata proprio poche settimane fa in Italia, per la precisione a Falerii Novi, antica città falisca dell’Etruria meridionale situata a circa 50 km a nord di Roma. Fondata nel 241 a.C., fu ribattezzata Falerii Novi, ovvero “Falleri Nuova”, perché ricostruzione dell’originaria Falerii o Falerii Veteres (Falleri Vecchia), odierna Civita Castellana, distrutta dai Romani come punizione per essersi ribellata. Tutto ciò che ne sopravvive oggi non sono che alcune sezioni della cinta muraria e l’Abbazia di Santa Maria di Felleri, tesoro a cielo aperto costruito tra l’XI e XII secolo e che ha mantenuto gran parte della sua struttura originale.
Ma con più di 71 milioni di letture, ciascuna contenente circa 400 campioni temporali, equivalenti approssimativamente a 27 miliardi di punti dati e a quasi 4.5 giga di dati grezzi per ettaro, il mistero che avvolgeva il resto della città di Falerii Novi sembra finalmente avere un volto. Il professor Martin Millet, a capo del team di ricerca composto dall’Università di Cambridge e di Ghent, in collaborazione con la Soprintendenza per l’Area Metropolitana di Roma, si è dichiarato stupefatto dalla quantità di dettagli ottenuti e crede che questo tipo di tecnologia permetterà di trasformare radicalmente le modalità di indagini archeologiche su siti urbani.
La mappatura dei circa 30,5 ettari esaminati ha inoltre rivelato una disposizione meno standardizzata rispetto ad altri luoghi conosciuti di epoca romana, come Pompei, con la presenza di strutture più elaborate di ciò che ci si aspetterebbe da una piccola città. Dalle immagini, i ricercatori sono momentaneamente riusciti ad identificare alcuni edifici, quali un tempio e un mercato in stile romano (macellum), oltre che ad una grande costruzione rettangolare collegata a tubature dell’acqua dirette all’acquedotto, una probabile piscina all’aria aperta parte di un complesso di bagni pubblici. Altresì incredibile è stata l’individuazione di due grandi strutture vicine alla porta nord della città, poste una di fronte all’altra e divise da una fila centrale di colonne: plausibilmente, un grande monumento pubblico di dimensioni inaspettate.
Difficile non provare emozione al cospetto di tali studi; percorrere un vasto campo oggi spoglio consapevoli che in quell’esatto punto, in un’epoca sbiaditasi nei secoli, gli abitanti di un’antica popolazione assaporavano la loro vita, tra le mura di quel che un tempo era la loro casa. Una vita lontana duemila anni. E in attesa di ulteriori aggiornamenti sugli studi in corso, non resta che riconoscere ancora una volta la meraviglia dei doni dal passato che quotidianamente ci circondano con la loro maestosità.
Giappone, archeologia, storia antica, videogiochi, horror, astronomia, marketing, scrittura. Sono felice quando gioco a Dragon Quest e quando tocco qualcosa di antico. Ho troppi interessi ed è per questo che amo scrivere: perché mi permette di viverli tutti.
Nata a Vicenza, sono laureata in Lingua Giapponese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ho vissuto per 1 anno a Sendai, nel Tohoku, e 2 anni a Napoli; mi sono specializzata in marketing e in quest’ambito lavoro ora nell’ufficio Marketing e Comunicazione di un’azienda TLC&ICT.. Il mio motto? 必要のない知識はない