La presenza di piccoli animali, a volte marginali, a volte celati o emergenti in angolini dei quadri famosi è consueta e “vezzosa” specialmente nella produzione pittorica barocca e negli affreschi del trompe-l’oeil delle grandi ville di quell’epoca. Il fascino del loro genere ha dato modo agli autori di volare con la fantasia, di ritrarne la bellezza e l’eleganza delle forme e di cimentarsi con la nascente scienza naturale.
Nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo invece, nella corrente romantica, soprattutto la rappresentazione di animali diviene simbolica a incarnare le inquietudini umane.
Ma le prime raffigurazioni dell’uomo preistorico sono proprio soggetti animali, cavalli, tori, bisonti, forse deificati o forse per perorarne la caccia, di cui si ritrovano le prime raffigurazione nel Paleolitico superiore.
Vorrei qui riportare tre esempi di opere d’arte in cui gli animali sono protagonisti o perlomeno comprimari.
1. La Tauromachia nel palazzo di Cnosso
Il “Gioco con il toro” o “Taurocatapsia” è un dipinto minoico, eseguito ad affresco , risalente tra il 1700 e il 1400 a. C. ritrovato su un muro nella parte più antica del palazzo di Cnosso a Creta. Il toro nella cultura micenea è un animale sacro, lo si ritrova in molte riproduzioni e sigilli. Qui è rappresentata una prova di agilità in cui gli atleti, uomini (il cui corpo ha tinte più scure) e donne, mostrano la loro abilità e coraggio saltando su un enorme toro in corsa. La scena, su uno sfondo di un vivace blu egiziano, è costruita come una sequenza nella quale si mostrano le tre fasi del “gioco” in cui prendendo il toro per le corna si esegue un salto sopra di lui, andando poi a ricadere a terra in posizione verticale dietro l’animale stesso. Attualmente l’affresco si trova presso il Museo Archeologico di Herakleion a Creta.
2. La dama con l’ermellino
Fonte foto:corriere.it
Famoso dipinto a olio su tavola di Leonardo da Vinci, datato intorno al 1488, che ritrae Cecilia Gallerani, giovane amante di Ludovico il Moro, allora signore di Milano. Lo sfondo scuro accentua, inusuale per l’epoca, la postura dell’ immagine a mezzo busto della donna, realizzato con una doppia torsione del busto a destra e della testa a sinistra, inoltre l’animale e la fanciulla sembrano volgere lo sguardo nella stessa direzione, anche se molti pensano che a posare per il dipinto non fosse veramente un ermellino, bestiola molto selvatica, ma un furetto che anche allora era considerato domestico. Il ritratto della ragazza, pur nell’apparente sobrietà è ricco di simboli: la semplice collana di granati che le cinge il collo è simbolo di fedeltà e lo stesso ermellino che ella stringe in grembo, ripresenta il suo cognome ( in greco antico ermellino è “galè”), ma è anche un riferimento al Moro in quanto insignito dal re di Napoli, nello stesso anno della realizzazione del quadro, del titolo di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino. Il dipinto è conservato presso il Museo Czartoryski di Cracovia in Polonia.
3. Zingara addormentata
Fonte foto: quadri_e_stampe.it
Il grande quadro di Henri Rosseau (1,30 m x 2,01 m), ora custodito al Museum of Modern Art di New York, è uno dei più poetici esempi della produzione del pittore francese, antesignano dello stile Naif. Dipinto nel 1897, raffigura una nomade africana dalla pelle scura che giace addormentata in un deserto con un mandolino affianco, i colori pastellati del suo abito e dei capelli fanno da contrasto alle tonalità ocra e marroni del paesaggio e al grande leone scuro e pacifico che occupa la parte centrale dell’opera, il quale si avvicina a lei annusandola senza apparenti intenzioni malevoli. Una luna piena a destra, nel cielo notturno equilibra tutta la scena. L’atmosfera appare surreale e molte sono state le interpretazioni date al dipinto che venne presentato al pubblico al Salon des Indépendans dello stesso anno, ma successivamente rifiutato dalla città di Laval, comune di nascita di Rosseau, perché giudicato troppo infantile.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.