“Tentativi di vita” di Federico Carrera

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Fonte foto: Federico Carrera

Tentativi di vita”: le voci in una “pellicola muta”

Tentativi di vita (Edizioni Effetto 2021) di Federico Carrera (Modena 2000) è una raccolta di poesie che denuncia sin dalla sua apertura, con la citazione del regista Paolo Sorrentino, la distorta e, allo stesso tempo, effettiva verità di ogni inquadratura di vita, realmente a fuoco solo nel valore del tentativo:

“In fondo chi è che sa come stanno esattamente le cose? Siamo tutti qui per fare tentativi e offrire la nostra personale declinazione di racconti e poesia.”

Paolo Sorrentino

 

"Tentativi di vita" di Federico Carrera

Infatti sembra essere proprio la consapevolezza della pluralità, del dubbio e della distanza di voci, affetti e letture a legare le tre sezioni del libro (La ricerca del tu, Due poemetti ed Educarsi al silenzio) in un percorso interiore sfumato e lacerato, dove domina il bianco e nero di movimenti sbiaditi. Così “scarsi frammenti di pellicola muta” sono l’unica prospettiva di scavo che rimane, quando anche lo stesso restare di ricordi, persone e oggetti viene ferito e trasformato dalla legge del tempo:

 

“Sul finestrino correva una goccia,

l’ho scambiata, voltandomi,

per un uccello che spiccava il volo

dai campi incolti di questo novembre.

 

Moristi, Andrea, e c’era la neve. Guarda:

ora tutto è cambiato questo clima bugiardo

che prova a nascondere l’aria di morte invernale

sotto coltri variopinte di foglie ammassate

e io mento quando dico che ancora ricordo

la tua voce che dico soave, ma che era

forse diversa, più roca, più cupa.

 

Andrea, moristi e di te mi rimangono

scarsi frammenti di pellicola muta,

sbiadita dal tempo, come quei film

che a te piacevano tanto.”

Ricordi e modelli classici e contemporanei: “alone mitico” e “segno”

La tenace domanda di una traccia accompagna i lunghi versi del giovane poeta: nella mancanza si riconoscono voci mutate e profumi che non sono mai stati, perseguibili solo come molteplici e frantumati dentro scorci di vissuto.

 

“Ho riconosciuto il tuo profumo in via Battisti stamattina,

cosa grave che tu un profumo non l’hai mai avuto,

preferivi destreggiarti tra campioni a caso…”

Unica roccaforte nel viaggio di un “diario […] perduto” è l’insistito e mai celato richiamo ai grandi modelli classici e contemporanei, “alone mitico” e, insieme, “segno”. Di seguito, il lucido frammento metapoetico che chiude il primo poemetto Sparuti versi di fine estate:

 

“IX.

E io ho camminato tra questi ricordi

immaginandomi ogni epoca ogni scena

ogni storia per quanto pervasa da un alone mitico

come reale e segno di un’inestinguibile verità.

 

Ho camminato tra questi ricordi come fossero

nubi di vapore leggero che con una morte

si perdono e non tornano più, come fossero

oggetti rari e preziosi custoditi nel silenzio

di qualcuno che non tace, ma che non esiste.

 

Solo così ho potuto camminare tra questi ricordi.”

Si riscontrano puntuali in “ogni epoca ogni scena / ogni storia” di Tentativi di vita diverse e partecipate reminiscenze letterarie e cinematografiche, fonte di ammirazione e misura dell’irraggiungibile: un “vecchio film francese”, Socrate, le Muse, Montale, Virgilio, la donna angelo, Bertolucci, Orazio, Caronte, Saffo, ecc.

 

“Almeno nei miei sogni, siamo stati

le ultime parole di Socrate, una resa

pacificamente studiata, l’ambiguità

di un’attesa, senza mai sapere come morire.”

La poesia, “tra la statua e la pietra spaccata”

La letteratura e il cinema offrono strumenti per sondare e custodire il vuoto delle esperienze, nella sfida di un dialogo. Ma rendono ancora più pungente l’evidenza di un quotidiano tutt’altro che idealizzato, attraversato da disarmonie, incognite e rotture. E dove viene meno la nitidezza rimane l’analisi, il passo incerto, l’amarezza dell’ipotesi:

 

“Se solo non fossimo romani

che guardano alla grecia…

se solo non fossimo avvolti

da una nebbia padana…”

“Nell’aria che commuove e smuove” e nella parola che “si fa e si sfa”, la dicotomia tra il mito e le singole storie personali non si può risarcire. Eppure pare essere in questo stesso scarto l’intuizione folgorante di uno spazio di sopravvivenza di una poesia intrinseca, il soffio “tra la statua e la pietra spaccata”, tra il monumento e il detrito “sulla strada”.

 

“Nell’aria che commuove e smuove, il dialogo

con un poeta si fa e si sfa nel biancore

di un tavolino all’angolo sporco, nella tazzina

in vetro per il caffè macchiato. Il Tutto sopravvive

tra la statua e la pietra spaccata sulla strada…”

Una dimensione di nebbia geografica ed esistenziale protegge il segreto che impasta la “poltiglia inesperta di vita”: “qualcosa che procede senza senso / ma inarrestabile”, riformulato di volta in volta nei tentativi dello sguardo, incompleto e quindi profondamente umano.


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