Sarebbe possibile raccontare Freddie Mercury in poche immagini? La domanda è seria, ma non c’è bisogno di agitarsi, nessun messaggio criptico si nasconde tra le righe, le parole appena lette sono semplici, chiare e oneste, e ora vi sarà spiegato anche il perché.
Il quesito a mio avviso è d’obbligo nell’epoca attuale, e non vale solo per il signorino sopracitato ma per tutti i mostri sacri della musica, dell’arte, della letteratura e così via. Nominate un dominio qualunque e di certo vi verrà in mente qualcuno degno di nota e la domanda vi balugina nella testa, chiara come il sole.
Il cruccio di ogni essere umano, in effetti, è sempre stato quello di riuscire a “sintetizzare” sé stesso e gli altri in poche righe, immagini, canzoni, frasi, aneddoti, aforismi e chi più ne ha più ne metta. Non ci possiamo fare nulla, è più forte di noi. Quando pensiamo di aver raggiunto una tappa importante della nostra vita e assaporiamo quella pruriginosa soddisfazione che nasce nello stomaco e spumeggia lungo tutto il corpo fino a inondare la testa con bollicine effervescenti, la prima cosa che facciamo è voltarci indietro e pensare che anche noi valiamo, che finalmente ce l’abbiamo fatta, e poi ci sovviene un dubbio: “Ma come sono arrivato fin qui?”. Il discorso non varia molto quando cambiamo prospettiva e intendiamo descrivere un nostro idolo. Il procedimento è lo stesso.
La storia di Freddie Mercury raccontata da Freddie Mercury
Se devo essere onesto fino in fondo con chi sta leggendo, cimentarmi tutto solo in un’impresa tanto pretenziosa come sottende il titolo dell’articolo mi terrorizza. Il dubbio di sollecitare gli animi più sensibili e di ritrovarmi brutte facce sotto casa prende sempre più spazio. È per tale ragione che lascio che la storia di Freddie Mercury venga raccontata nientepopodimeno che da Freddie Mercury stesso. Attraverso le immagini che appartengono alla sua vita e raccontate dalla sua voce.
Chi meglio di lui può farlo? E poi credo che questa esperienza smuova gli animi degli appassionati più di qualunque altro gesto, più di mille parole e stucchevoli sviolinate. Come in un romanzo, vi trascino nel mondo del vostro idolo, sentirete la storia della sua vita attraverso le parole sue e quelle delle persone a lui più care; dal punto di vista del protagonista che non è narratore onnisciente, perché in quelle immagini nemmeno lui sa ancora quale destino lo attende. Certo, può immaginarlo, come potete farlo anche voi, e allora vi chiedo un’altra cosa: cercate di leggerlo e ascoltarlo come se non conosceste la fine del romanzo, con gli occhi di chi viene al mondo e mette i piedi a terra per la prima volta.
Le sfumature di Freddie che (forse) non conosciamo
La sua storia inizia come inizia la storia di qualunque altra persona: con la foto di un bambino che non è ancora nessuno. Farrokh Bulsara nasce a Zanzibar il 5 settembre 1946. Lui stesso afferma di essere stato messo in un ambiente dove, in un modo o nell’altro, ha dovuto badare a sé stesso fin dalla tenera età (“I had to sort of fend for myself at a very early age”).
Sua madre, Jer Bulsara, testimonia il grande spirito di iniziativa che suo figlio aveva da piccolo. Circondato dai generi musicali più disparati (“indian music, folk music, english music”) che la famiglia è solita ascoltare e praticare, comincia presto ad accumulare una cultura versatile e variegata. Così sperimenta, impara a memoria e inizia a cantare come se fosse già il protagonista di una storia non ancora scritta (“he just used to pick up one of the records and start singing about it so he had a variety of taste music”).
Nella seconda immagine (nel video) vediamo un ancora giovanissimo Freddie seduto con le braccia conserte e ai suoi piedi campeggia una coppa. Alla Saint Peter’s High School inizia a distinguersi con il pianoforte, in una hall dove tutti ammirano qualcosa di primordiale, che non ha ancora una forma ben definita; vi è una semplice e flebile consapevolezza che sa di profumo e suono, che aleggia nell’aria e dà soltanto l’idea di qualcosa di più grande.
La nascita della leggenda
Roger Taylor ne ricorda il mutamento decisivo. A Londra Freddie Mercury trova il luogo ideale per creare e sviluppare il personaggio che poi diventerà leggenda; i vestiti appariscenti e il taglio dei capelli sono una palpabile testimonianza di questo processo ormai irreversibile.
Frequenta il liceo artistico e intraprende la strada di illustratore grafico, ma capisce quasi subito che non è il mondo che fa per lui. Tuttavia l’ambiente è stimolante e lo spinge ad ascoltare musica e a sperimentarla, al punto che, insieme ai suoi compagni, non fa che esercitarsi abbandonando tutto il resto. È qui che avviene la metamorfosi, l’essere cambia forma e diviene divinità, e Roger Taylor lo ricorda molto bene: “I’m changing my name”, sente dire a Farrokh. “I’m going to be Freddie Mercury”.
“He created this umbrella which was like queen music and underneath that you could pretty much do anything you wanted”, afferma David Arnoldo, il compositore della band, per spiegare il nuovo tipo di musica creata da Freddie.
Le relazioni con Mary Austin e Jim Hutton
La relazione con Mary dura circa sei anni, ma per Freddie lei sarà sempre un punto di riferimento, un’amica (forse l’unica vera amica) con la quale potersi confidare. “If we are not together right now, I refer to her a lot and she is about the only friend and I would say I can really have a true friend for me has to be very strong and put up with me”.
Anni più tardi, in un’intervista, Jim Hutton dirà: “I have got somebody at home to go home to”. Non importava dove si trovasse, lui sapeva che Freddie ci sarebbe sempre stato. Era qualcosa che lo faceva sentire al sicuro in una vita piena di incertezze. E la felicità ricambiata da Freddie la si ritrova tutta nelle immagini in cui, immerso nell’acqua della vasca da bagno, il suo Jim lo copre con la schiuma fino a dargli noia e farlo urlare; ma prima di questo, proprio un attimo prima, Farrokh perde le sue sembianze artefatte e si mostra nella sua più semplice forma, e gli canta: “I wanna be loved by you, just you and nobody else”. Sgambetta, spalanca la bocca e poi stringe i denti come un bambino.
La narrazione finisce qui, senza ulteriori aneddoti, senza fare una lista dei successi e dei brani creati da Freddie Mercury, perché quelli potete leggerli ovunque. L’intento di questo articolo era quello di mostrare l’artista da una prospettiva diversa, più semplice, più umana, con tutte le sue debolezze e l’amore che covava dentro.
Mi sono laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Napoli \”Federico II\” e in seguito ho realizzato varie esperienze di studio e di lavoro all’estero (Egitto, Francia, Spagna). Tornato in italia, ho inizato a specializzarmi nel settore della scrittura e dell’editoria. Dopo aver collaborato per un breve periodo con la casa editrice Einaudi, mi sono trasferito a Parigi, dove vivo tutt’ora. Al momento collaboro con la casa Editrice Italo Svevo Edizioni in qualità di Responsabile di progetti di coedizione internazionale, occupandomi di curare i rapporti con alcune case editrici francesi e di altri paesi europei ed extraeuropei. A partire dal mese di settembre 2020 scrivo per Hermes Magazine, di cui sono anche responsabile della sezione libri.