My Generation: l’inno generazionale dei 60s

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My generation è un vero manifesto generazionale, un inno pre-punk valido allora come ora. Scopriamo perchè.

Londra, anni ’60, look elegante, stile raffinato, musica colta e rara: loro sono i mods, i cosiddetti Modernisti, una cerchia elitaria di ragazzi, ispirati dal blues, jazz e rock’n’roll anni ’50, dominati dalla voglia di distinguersi. Un’attitudine, la loro, che racchiude musica, moda, design, stile di vita. A partire dal 1963, con la messa in onda del nuovo programma musicale “Ready, Steady Go”, lo stile mod diventa di dominio pubblico, non più un’elite, ma alla portata delle masse. I mod più puri si ritirano immediatamente tra i loro rari vinili vintage, mentre la musica inglese assorbe progressivamente il beat e i vestiti della corrente modernista.

The Who

In questo scenario, nel 1964, nascono gli High Numbers, formati da Pete Townshend, Roger Daltrey, John Entwistle, Keith Moon, che successivamente prenderanno il nome The Who, rivestiti e riproposti in versione mod dal produttore Pete Meaden, esponente del movimento. Gli Who sono ribelli, dallo stile espressamente british e incarnano in tutto e per tutto la mod band del momento, esordendo con “I Can’t explain” ed “Anyway Anyhow Anywhere”.

 

La vera svolta, però, arriva il 13 ottobre 1965Pete Townshend e compagni, dopo un viaggio ispiratore in treno da Londra a Southampton fatto qualche mese prima, registrano My Generation, il singolo che consacra ufficialmente la band a simbolo mod degli anni ’60.

Un manifesto generazionale

My Generation esprime nella maniera più pura e diretta possibile il desiderio di ribellione, di affermare la propria persona sulle masse e sulla società con ritmo incalzante, dirompente, scandito da parole urlate e volutamente balbettate, su un assolo di basso rimasto nella storia.

“I hope I die before I get old”

Spero di morire prima di diventare vecchio” è la frase cult, una delle più celebri del rock di tutti i tempi; una provocazione, un inno alla gioventù vissuta appieno, che poi lo stesso Pete Townshend giustificherà con la rabbia nei confronti dell’alta società e dell’ipocrisia e del perbenismo che ne rappresentava ai tempi.

“La sensazione che sentivo crescere in me non era tanto il risentimento verso i potenti che mi circondavano a Belgravia quanto la paura che la loro malattia potesse essere contagiosa”. Townshend spiega, così, nella celebre autobiografia “Who I Am” il vero senso di My Generation: “Le loro abitudini e aspettative obsolete mi sembravano trappole mortali, mentre io mi sentivo vivo e non solo perché ero giovane. Ero vivo davvero perché svincolato dalle tradizioni, dalla proprietà e da certe responsabilità”.

This is my g-g-g-generation, baby

Tratto distintivo del pezzo è il balbettamento di Roger Daltrey. Diverse sono le versioni di come sia andata la registrazione: una di queste vuole che dopo un paio di registrazioni normali, Kit Lambert il manager, abbia suggerito al cantante di emulare gli effetti delle anfetamine (una delle droghe più usate dai mod); un’altra giustifica il problema balbuzie con un malfunzionamento tecnico durante la registrazione, a causa del quale Roger non era in grado di sentire la sua voce attraverso i monitor. Il balbettamento, in tal caso, non era intenzionale, ma era un modo per adattarsi alla musica.

Sarà un caso che la frase Why don’t you all f-f-f-fade away facesse pensare a «Why don’t you all f-f-f-uck yourself»?

L’assolo costato 4 bassi elettrici

John Entwistle era un bassista di grandissimo talento, tanto che Pete Townshend, autore del pezzo, ha voluto omaggiarlo dandogli lo spazio che meritava: My Generation la ricordiamo sia per la potenza della voce di Roger, ma anche e soprattutto per l’assolo di basso, il primo e più celebre della storia del rock. In quel periodo John utilizzava il basso Danelectro, strumento dalle corde molto sottili, che tendono a rompersi facilmente e impossibili da sostituire, perché non acquistabili singolarmente. Per questo assolo, sono stati acquistati 3 bassi e per la registrazione definitiva ha dovuto adoperare un Fender Jazz.

A distanza di anni, il pezzo degli Who continua ad essere oggetto di numerosissime cover, a partire dagli Oasis, esponenti del brit pop, l’evoluzione 90s della musica inglese, passando per i Green Day, punk-rockers statunitensi, Patti Smith, Pearl Jam e tanti altri.

Per molti My generation rappresenta i sixties fatti di Lambretta, Vespa, parka, capelli corti e ribellione, insomma, uno stile di vita.

 

 

 

 


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