Ben trovati miei cari impasticcati, come state? Spero che il vostro umore sia su di giri perché oggi, con questo articolo introdurremo una nuova “rubrichetta” della Pasticche Letterarie: la pasticca alla seconda.
Premessa
Quando si parla di letteratura si tratta di decantare quasi sempre, l’autore di un’opera e, appunto l’opera che ha fatto “diventare famoso” quello scrittore specifico. Ma la mia domanda è: “Ci sono davvero opere di serie A o serie B?”
Bè, sicuramente c’è chi ha più riverbero di altre. Però, secondo il mio umilissimo punto di vista, miei cari letterati nella nostra nicchia letteraria, dovremmo ampliare i nostri orizzonti alle “pasticche alle seconda” ovvero, rivalutare, discorrere e scrivere, informando i meno abbienti, di quanto sia necessario, conoscere anche queste “operette seconde” di minor rilievo per avere un quadro più completo di questo e quell’autore e ovviamente un background culturale pùu intero di chi è parte della nostra storia letteraria e non solo.
Partiamo con allegria!
Delle operette delle quali voglio narrarvi, oggi tratteremo quello del caro Ugo Foscolo. Autore del quale, se cercate nelle mie tenebrose pasticche ho parlato e straparlato. Oltre che trascritto. Ma per quale motivo voglio parlarvi di lui? Perché le anime un po’ buie e non sempre sulla scia di “pace, amore, gioia infinita” a me piacciono un sacco e vi posso garantire che sono sicuramente migliori di chi vi decanta felicità e farfalle ventiquattr’ore su ventiquattro.
La delusione storica… che non c’entra niente con il sentimento!
Ci troviamo nell’800 e se volete che ve la dica tutta, non è solo l’anno in cui Foscolo decanta versi sulla morte, ma sono anche gli anni in cui in Italia, avvengono turbolenze di tipo storico. In quanto il caro Napisan Bonaparte, decide di portare il suo falso ideale d libertà, uguaglianza e fratellanza anche per le nostre strade. Se all’inizio, da bravi boccaloni italiani eravamo tutti felici e contenti, di avercelo in mezzo alle palle perché sembrava “todagioiatodabeleza” seguito del trattato di Campoformio e delle varie razzie di opere d’arte, ci siamo accorti, che i francesi come al solito, ci stavano rubando non solo la Gioconda ma davano via il culo di Venezia accordandosi con l’Austria.
I francesi e il bidè
Molto probabilmente l’unico brevetto che ci hanno lasciato, dopo averci saccheggiato le più belle opere e le più belle città, è stato quello dell’invenzione del bidet. E questo era un buonissimo motivo per il buon Foscolo per essere palesemente deluso ed incazzato. Perché se proprio dovevano prenderci qualcosa, dovevano prenderci il bidet. E invece….
La sera di Foscolo
Ma periodo storico a parte, che ne sappiamo noi dei sonetti oscuretti del buon Foscolo? Bè sappiamo molte cose, e se ci sfuggono, perché alle superiori ci hanno fatto leggere solo le lettere al signor Jacopo Ortis, rimedieremo con la pasticcaallaseconda.
Ed ora… poesia!
“Forse perché della fatal quiete
tu sei l’immago a me sì cara vieni,
o sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all’ universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.”
Il tema di questo sonetto è una parte della giornata che sta tra il giorno e la notte: ovvero “la sera” vista come inizio e fine, ma anche come fine ed inizio. Essa esprime l’immagine della morte, enunciata dal poeta come “Fatal quiete”, cioè come una dimensione atemporale, che però non lascia scampo ma nel suo “non lasciare scampo” infonde anche “pace dell’anima”. La sera è un momento molto caro al poeta.
e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all’ universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno, e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch’entro mi rugge
I sentimenti nella poesia
Questo sonetto esprime i sentimenti di pessimismo e preoccupazione, che mettono sicuramente in tumulto l’animo del poeta intristito dalle avversità del “reo tempo” in cui vive. Essa infatti ci rimanda altresì alla volontà di Foscolo di allontanarsi dal presente, ed immergersi in una dimensione cosmica e fuori dal tempo, come quella della morte, vista come totale annullamento ma anche pace, in cui si placa anche questo grande disagio interiore.
Ma la sera è anche una dolce confidente del poeta; è il momento in cui il poeta riflette sulla propria vita ed anche sulla morte chiarendo a sé stesso la sua visione per entrambe Il tono emotivo della poesia è languido e melanconico perfettamente uguale ai sentimenti di pessimismo espressi in essa.
Un messaggio all’unisono
Foscolo non fu l’unico a dedicare le sue parole a questo momento del giorno. Momento che porta con se, svariati significati, ma anche molti altri autori e scrittori attribuiscono alla sera un sentimento romantico e poetico.
La ragione “della sera” scritta da Foscolo, Leopardi, Pascoli e anche D’Annunzio è lo stesso che ha sempre affascinato i poeti e gli artisti. Esso ha una fortuna del tutto particolare nel periodo ottocentesco, ovvero quel lasso di tempo che va dagli esordi del movimento romantico fino al Decadentismo. Un tema prediletto, questo, da parte di autori pur fra loro diversi quali Foscolo, Leopardi, Pascoli e D’Annunzio, che anche se differenti, puo’ in parte essere collego alla sensibilità poetica del periodo, che trova in quel momento lo spunto per una serie di forti suggestioni evocative fuori dal tempo.
La sera come attimi sospesi
Di fatto, gli attimi “sospesi” e “attesi” della sera, assumono connotazioni oniriche e diverse dalla realtà del giorno: gli oggetti e i sentimenti stessi paiono assumere un carattere sfumato e provvisorio, quegli istanti in cui persino il confine fra il dì e la notte diviene incerto, risultano capaci, in questi poeti, non solo di suggerire descrizioni e riflessioni personali, ma anche di assumere valori simbolici più o meno originali e universalizzanti. Insomma, la sera ci accompagna sulla soglia… ed un momento, estremamente triste, ma estremamente magico.
E’ una resurrezione dell’animo vera e propria, anche in corpo che non c’è più.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.