Nata a Saint Louis nel 1908 divenne una delle più grandi inviate di guerra del XX secolo. Per sessant’anni scrisse di guerra. Volle farlo non restando al sicuro in un ufficio né nelle retrovie. Martha Gellhorn scelse di dedicare la sua vita a inseguire le notizie là dove si stavano verificando e a raccontarle così come le vedeva, senza alcuna edulcorazione.
Fonte foto: generazionemagazine.it
La famiglia
Quella di Martha era una solida famiglia borghese e progressista di origini ebraiche che volle per lei un’istruzione molto moderna per l’epoca. A 19 anni abbandonò la scuola per iniziare la sua carriera di giornalista. I suoi primi articoli a carattere locale apparvero sul quotidiano The New Republic. Il suo sogno era, però, diventare corrispondente estera e così a 22 anni andò a Parigi e collaborò con la United Press Bureau. Nel suo primo libro, What Mad Pursuit uscito nel 1934, raccontò la sua attività nel movimento pacifista europeo.
Fonte foto: bonculture.it
La Grande Depressione
Tornata negli Usa fu incaricata di scrivere dei rapporti per la Federal Emergency Relief Administration su quanto la Grande Depressione stava impattando sulla popolazione. Descrisse la miseria, la fame, la prostituzione delle bambine, lo sfruttamento del lavoro minorile, le condizioni igienico sanitarie in cui buona parte della popolazione si trovava a vivere. Per Martha fu una esperienza molto dura dalla quale ottenne grandi insegnamenti di vita e di scrittura. Ne trasse anche una raccolta di racconti: The Trouble I’ve Seen che uscì nel 1936.
Fonte foto: iodonna.it
Una grande amicizia
Eleanor Roosevelt, moglie del Presidente degli Stati Uniti, ebbe modo di leggere quei rapporti e di apprezzare molto l’impegno e l’onestà intellettuale con cui erano stati stilati. Volle conoscerla e nacque tra le due donne una grande amicizia che durò per tutta la loro vita. Moltissime sono le lettere che stanno a testimoniarlo ricche di profonde riflessioni. Ad esempio, Martha scrisse ad Eleanor:
«È un vero e proprio lavoro, essere donna, non è così? Non puoi semplicemente fare il tuo lavoro in pace perché allora sei un’egoista. Devi sempre fare due cose contemporaneamente.»
Fonte foto: townandcountrymag.com
Un marito ingombrante
A Natale 1936 Martha conobbe Ernest Hemingway. Lui era già molto famoso. Parlarono della loro comune passione per il giornalismo e decisero di partire assieme per la Spagna dove era in corso la Guerra Civile. Entrambi ne scrissero ma lui si pose sempre al centro delle sue narrazioni mentre Martha raccontava i fatti per quello che erano.
Andò a vivere a Cuba con Hemingway e lo sposò nel 1940, ma non era nata per accudire un uomo e vivere nella sua ombra.
Fonte foto: bonculture.it
Il suo modo di intendere il giornalismo
Quello che Martha voleva era comunicare, attraverso i suoi articoli, tutto quello che si svolgeva sotto ai suoi occhi tanto in prima linea quanto nelle retrovie e, soprattutto, tra la popolazione civile.
Scriveva a Ealeanor Roosvelt:
«Forse perché sono una donna non riesco a non vedere la storia dal punto di vista della gente comune».
Fonte foto: corriere.it
La rabbia
Quando in Europa esplose il secondo conflitto mondiale Martha non potè restare tranquilla a casa. Scrisse al marito:
“Devo vivere a modo mio, non solo a modo tuo, o non ci sarebbe nessuna me per amarti. Non ti piacerei davvero, se costruissi un bel muro alto di pietra intorno alla finca e mi mettessi lì seduta”.
Hemingway non la prese bene: la colpì là dove sapeva di farle più male, il lavoro, la sua ragione di vita. Avrebbe potuto scegliere qualsiasi giornale ma ottenne di essere lui l’inviato ufficiale della rivista Collier’s, al posto di Martha. Per lei non era previsto più nessun ruolo.
Fonte foto: news.wgcu.org
L’orgoglio
Martha non si arrese. Era una donna forte e orgogliosa. Aveva sempre deciso lei come doveva vivere e riuscì comunque a riprendersi il suo lavoro e a farlo meglio di lui e di molti altri colleghi maschi. Sarà la sola inviata di guerra donna, per dire, ad arrivare in Normandia e ne fu talmente entusiasta da affermare:
“Se ne scriverà per cent’anni e chiunque l’abbia vista non potrà mai dimenticarla”.
Fonte foto: liberidivolare.forumfree.it
Una vita quasi normale
Si può, forse, dire che ciò che segnò in modo irrimediabile la vita di Martha fu l’ingresso, nel 1945, a Dachau. Ciò che vide la scosse nel profondo e, credo, modificò completamente il suo modo di vedere le cose. Decise di stare lontana dal fronte e cercò di ricostruirsi quella vita normale che non aveva mai avuto. Adottò un bambino ma la maternità si rivelò un peso troppo grande per una donna che non aveva saputo mai mantenere forti legami personali.
Fonte foto: dirkdeklein.net
Di nuovo sul fronte
Allo scoppio della guerra in Vietnam sentì di non potersi sottrarre alla sua missione. Disse:
«Non avrei mai scelto di avvicinarmi ancora a una guerra se il mio Paese non avesse cominciato, misteriosamente, a condurne una non dichiarata».
Partì e quello che vide era ben diverso da quello che volevano far credere in Patria. Capì gli interessi economici in gioco e ne rimase disgustata. Scrisse tutto sulle pagine del The Guardian. Le costò la possibilità di tornare in Vietnam per nove anni. Il governo americano non aveva decisamente gradito.
Fonte foto: ebay.com
Fino alla fine
Continuò a occuparsi di questioni politiche e sociali fino a quando la malattia che l’aveva resa quasi cieca non glielo impedì. Aveva novant’anni ma era ancora salda nella sua filosofia;
«Nessuno può impedire a una donna di vivere la sua vita».
Anche in quell’occasione decise lei come doveva andare: abbandonò la vita che ormai le riservava solo invalidità e dolore.
Fonte foto: pinterest.it
Indubbiamente Martha è stata una grandissima giornalista ma, mi chiedo, quanto abbia sofferto. Lei sosteneva che nella vita bisogna sempre pagare il prezzo per tutto quanto si ottiene e lei pagò caro ogni centimetro conquistato. Soprattutto nel suo essere semplicemente donna.
Monica Giovanna Binotto è un nome lungo e ingombrante ma è il mio da 57 anni e ormai mi ci sono affezionata. Ho sempre amato leggere. Fin da bambina. E anche scrivere, ma senza mai crederci veramente. Questo mi ha aiutato negli studi. Ho una laurea in Economia e Commercio e una in Psicologia dello Sviluppo. Da cinque anni faccio parte di un gruppo di lettrici a voce alta, le VerbaManent, con il quale facciamo reading su tematiche importanti sempre inquadrate da un’ottica femminile e mi occupo di fare ricerche e di scrivere e assemblare i copioni. Negli ultimi due anni, per colpa o merito di questa brutta pandemia che ci ha costretti in casa per lunghi periodi, ho partecipato a diverse gare di racconti su varie pagine Facebook e mi sto divertendo tantissimo anche perché ho conosciuto tante belle persone che condividono i miei stessi interessi.