Davide e Golia, il mito di Caravaggio

Davide e Golia, il mito di Caravaggio

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La mano del Merisi – conosciuto ai più come Caravaggio – è inconfondibile; quasi tutte le sue opere sono realizzate con la tecnica dell’olio su tela e le figure sono sempre avvolte da uno sfondo scuro, perchè voleva che tutta l’attenzione si concentrasse sui soggetti stessi e sulle loro emozioni, con quell’alone di mistero e pathos che si crea, come a teatro.

Inoltre nelle sue tele partiva dal nero per ricavare la luce, ispirandosi alla realtà, grazie ad un sistema di lenti e specchi che utilizzava nelle stanze in cui portava i suoi soggetti, rigorosamente dalle pareti nere e nelle quali faceva filtrare la luce da punti ben precisi.

Anche a causa di una forte sensibilità agli occhi, che con gli anni andò peggiorando, era “condannato” ad una vita di penombra: luci e ombre hanno caratterizzato la vita turbolenta di Caravaggio, così come la sua arte, meravigliosamente espressiva, drammatica e intensa.

Un tema ricorrente

Artisti di ogni genere hanno cercato di rappresentare l’episodio biblico di Davide e Golia secondo il proprio stile, così come Caravaggio, colpito al punto da realizzarne tre versioni – due addirittura con lo stesso titolo, ma dipinte in momenti differenti.

Proprio così, esistono due quadri di Caravaggio con questo stesso titolo, custoditi da due Musei diversi. Il primo venne realizzato nel 1607, ed ora si trova presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna, mentre il secondo, dipinto un paio di anni dopo, appena prima della morte dell’autore, lo possiamo ammirare nelle sale della Galleria Borghese di Roma.

“David e Golia”

La prima opera, la più antica, raffigurante i due protagonisti, è custodita al Museo del Prado di Madrid ed è stata realizzata a cavallo tra gli anni 1597-98. La scena non è cruenta, è la quiete dopo la tempesta, la fine dell’eroica impresa del David, con il suo candore da fanciullo, in cui realizza di aver finalmente sconfitto il gigante e si accinge a raccogliere la sua testa dalle ciocche di capelli, per portarla come simbolo di liberazione al popolo d’Israele.

Il David che ha posato per lui probabilmente è lo stesso del Narciso e di Isacco, altre due opere di Caravaggio dipinte in quegli anni di fine ‘500, in cui il ragazzo ha le stesse fattezze. Inoltre il volto del gigante ricorda quello del pittore stesso: si ipotizza che all’inizio era un vero e proprio autoritratto, ma poi, forse su richiesta del committente, ha provveduto a modificarlo.

Davide con la testa di Golia – Vienna

L’unico dei tre quadri ad essere stato eseguito con la tecnica dell’olio su tavola anzichè su tela. Caravaggio ha dipinto direttamente su un supporto in legno: una tecnica che impiegò pochissime volte per le sue opere. Inoltre era una tavola di reimpiego, ovvero coprì un quadro già dipinto in precedenza, probabilmente da un manierista fiammingo.

Qui, Davide è fiero e volge lo sguardo all’orizzonte, come a guardare avanti, verso il futuro di speranza della sua gente grazie al suo atto eroico, e mostra la testa di Golia in segno di vittoria. La solita storia del bene che trionfa sul male. Il volto del gigante dallo sguardo vitreo, esprime infatti tutta la sofferenza, la tensione e la consapevolezza della sconfitta negli ultimi istanti prima di morire, che ben si addice alla parte del “cattivo”.

Davide con la testa di Golia – Roma30

Sia in questa che nella versione precedente, il David è probabilmente lo stesso ragazzo – e presunto amante del Merisi – che aveva già posato per l’opera Amor Vincit Omnia.

Dipinse questo quadro a Napoli, nella speranza di ricevere la grazia dalla condanna che il pontefice aveva fatto scendere su di lui in seguito ad alcuni suoi atti “rocamboleschi” (tra cui il coinvolgimento in un omicidio); ecco perchè il tema delle decapitazioni è piuttosto caro all’artista.

Qui, infatti, è palese che il Caravaggio abbia usato il suo volto per rappresentare Golia sconfitto. Ma il giovane non si beffa di lui, anzi, ha un’espressione di umana compassione e sofferenza per il gigante, come a dire che lo ha ucciso “perchè qualcuno doveva farlo” ma non ne va per nulla fiero.

Alcuni studiosi sostengono poi, che il David sia lo stesso Caravaggio da giovane, ancora puro, che trionfa sul “sè” più vecchio ormai contaminato dai peccati della vita. Questa interpretazione è supportata anche dalla scritta sulla spada “H-AS OS” sigla della citazione latina di sant’Agostino “l’umiltà uccise la superbia”.


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