Fonte foto: Monica Barbolini
Contabilità e Poesia sono spesso percepite come mondi distanti, inconciliabili, quasi uno scontro tra razionale e irrazionale. Una smentita di questo luogo comune risuona però nell’attività poetica dell’autrice modenese Maria Cristina Barbolini: dati e ricordi incontrano l’ironia della sorte e delle parole, offrendo uno spaccato disilluso eppure pulsante dell’esistenza.
L’autrice
Maria Cristina Barbolini (Modena 1968) è stata Segretaria del Laboratorio di Poesia a Modena, ha pubblicato in varie antologie e riviste e partecipato a spettacoli e letture, anche nell’ambito del Poesia Festival e del circolo letterario La Fonte di Ippocrene. Ha pubblicato la raccolta di poesie L’aviatore, la bambina, il cappellaio, Emily, il bosco, le bugie; c’è davvero qualcosa? (Tracce Edizioni 1993, pref. di Alberto Bertoni) e, in selfpublishing su ILmiolibro.it dell’Espresso, le tre plaquettes Parametri Vitali (2014), Poesie di senso compiuto (2016, finalista al concorso ILmioesordio 2016) e Poesie Pro Forma (2019). Ha ricevuto una segnalazione speciale al premio Bologna in Lettere (2022) e, per la sua nuova silloge ancora inedita La Contabilità del Disastro, una menzione speciale al Buk Festival di Modena (2023).
L’intervista
Come numeri e contabilità hanno avvicinato la tua poesia alla vita, aprendo affacci sulla realtà quotidiana?
“In ragioneria esiste un metodo di rilevazione dei fatti aziendali economici; si chiama ‘Partita Doppia’. Già la definizione la trovo affascinante, poi è davvero uno strumento magico: ogni singola voce va collocata in entrambi gli schemi di bilancio, quello patrimoniale e quello economico e il risultato finale di utile o perdita sarà identico. Questa cura a incasellare nel modo giusto ogni piccola cosa, ogni pensiero o parola … non è l’essenza stessa della Poesia?”
Nella tua produzione poetica l’ironia si stringe al riconoscimento del dolore individuale e collettivo. In che modo una corrosiva leggerezza riesce a rivelare con forza il lato trascurato delle cose?
“Fin da bambina mi sono assunta il compito di tirare su il morale in famiglia; amavo i piccoli scherzi, i giochi di parole, gli indovinelli. Avvertivo nitidamente i problemi quotidiani in casa, ne ero consapevole e li ho sempre analizzati. Il dolore – individuale e collettivo – lo percepisco ogni giorno, lo studio e lo esorcizzo scrivendone con ironia.”
Il primo numero della rivista Opificio Amaranto contiene un tuo contributo sulla solitudine delle scrittrici: cosa ti spinge ad approfondire la rivendicazione di spazio e voce da parte delle donne?
“Come donna resto sempre incredula di fronte alle sconcertanti notizie di cronaca, fatte di violenza estrema e prevaricazione. Come letterata faccio il possibile per restituire a tutte noi dignità e giustizia, dobbiamo tutte contribuire con i nostri migliori strumenti. Anche nell’ambiente accademico e letterario molto ancora c’è da fare per incidere davvero sulla scena culturale, proponendo il pensiero femminile come reale alternativa.”
Hai preso parte a diverse iniziative culturali, portando i tuoi versi anche in luoghi di cura e attenzione sociale. Quali esperienze di poesia e condivisione ti hanno lasciato un segno profondo?
“Cerco sempre di avvicinare alla Poesia persone che abitualmente non ne fruiscono e in alcune occasioni pubbliche ho avuto il miglior riscontro cui si possa ambire: quando qualcuno ti dice ‘mi ritrovo nelle tue parole, sembrano scritte per me’. Quasi sempre questi interlocutori privilegiati hanno conosciuto sofferenza e disagio; credo davvero che l’arte poetica possa farli sentire non delle specie di alieni ma compresi e facenti parte della società.”
“Fammi una cassettina, Gianluca, / […] fammela ora che mi sto avvilendo” (dalla raccolta Poesie Pro Forma): può un oggetto quasi fuori dal tempo conservare suoni e immagini?
“Il mio percorso poetico non vuole essere nostalgico o generazionale, ma riconoscere un valore iconico a oggetti che si legano a sensazioni e momenti personali fissati nella mente, proprio come accade con le Madeleines di Proust.”
Nella tua nuova silloge inedita, La Contabilità del Disastro, quale legame si instaura tra la frammentarietà e lo stare a margine?
“Faccio molta attenzione allo stile poetico, evito termini aulici o ridondanti, prediligo un linguaggio su base semplice con innesti di parole inaspettate ed evocative. La visione laterale/alternativa è a mio avviso peculiarità del poeta e si esprime nella scelta del registro stilistico oltre che dei contenuti.”
Salutiamo i lettori di Hermes Magazine con i tuoi versi!
“Ringrazio della bella conversazione e propongo due brevi componimenti da ‘La Contabilità del Disastro’.”
27.
Una strana pace
è scesa
finalmente.
La calma di chi ha atteso
non il vitello d’oro,
non il colpo di fortuna:
soltanto la benedetta quiete.
28.
In Arizona vivremo
nelle secche cupole di Arcosanti:
non sentiremo umidità mai più,
orizzonti larghi accompagneranno
i nostri ultimi giorni lucenti.
Laureata in Lettere moderne all’Università di Bologna, collaboro con il Poesia Festival e sono redattrice di «Hermes Magazine» e di «Laboratori Poesia». I miei versi sono stati selezionati nello spazio La bottega di Poesia de «La Repubblica» (Bologna, maggio 2019), nell’Almanacco «Secolo Donna 2022» (Macabor Editore 2022), in vari concorsi poetici e per riviste on line. Nel 2020 ho pubblicato la mia prima raccolta di poesie, Cosa resta dei vetri (Corsiero Editore), e nel 2023 ho curato l’antologia Il grido della Terra (Macabor Editore).