Fonte foto: Antonio Vanni
L’infanzia si collega etimologicamente al latino ‘infans’ (‘infante’, ‘che non parla’): tra nascita e adolescenza, abbraccia il periodo di graduale acquisizione della capacità di esprimersi a parole e i primi indelebili ricordi. Proprio a questa delicata e necessaria fase acerba di gioco, scoperta e crescita Antonio Vanni, comportamentista presso il Centro di Salute Mentale di Isernia e scrittore, si dedica quotidianamente con sensibilità e passione, inseguendo nei piccoli passi di bambini e ragazzi un aquilone di poesia e umana bellezza.
L’autore
Antonio Vanni è nato ad Isernia, dove vive. Comportamentista, lavora presso il Centro di Salute Mentale della sua città. Ha pubblicato diversi libri di poesia. Ricordiamo: Diario di una nuvola bassa, 1984; L’Ariel, 1992, prefazione di Giorgio Barberi Squarotti; L’albero senza rami e la luna, 1997, pref. di Giorgio B. S.; Le Artemie, 2004, pref. di Paolo Ruffilli; Plasmodio, 2017; Dimenticato, 2021. Curatela: L’Aquilone. Poesie d’amore per l’infanzia. AA.VV. Macabor Editore, 2023. Scrive fiabe per bambini. Il poeta inglese Peter Russell ha tradotto sue poesie.
L’intervista
Nel tuo percorso professionale e creativo, come la poesia riesce ad aprire un dialogo con l’emotività di bambini e ragazzi?
“Aprendosi alla gioia, al gioco, all’astrolabio delle bellezze minime, sempre presente nei ragazzi, anche quando un dolore osa ferirli. Parlare di poesia, fare poesia, è sempre un momento di festa, per ogni autore e per ogni lettore, di qualsivoglia età.”
L’infanzia dovrebbe essere solo la partenza del viaggio, ma alcune vite, purtroppo, vengono prematuramente spezzate: quanto la forza del ricordo può rivolgersi al futuro e sfociare in attenzione sociale?
“In ogni mia raccolta edita ricordo sempre, attraverso una poesia, Luciano, 13 anni, amatissimo compagno di banco (e di vita) delle scuole medie. Morì annegato in un laghetto alle porte della mia città, dove ci recammo per evitare un compito di matematica. Non sapevo nuotare e restai adagiato sul prato. Luciano, seminudo, si lanciò da una roccia nell’acqua sorridendomi. Forse la mancanza di quell’ultima carezza tra i suoi capelli che avrei voluto dargli, è divenuta nel futuro abbraccio infinito per i ragazzi e le ragazze che incontro nella mia vita. Luciano è il canto, è luce per me.”
Di recente hai curato un progetto a sostegno dell’Associazione (Onlus) Edoardo Marcangeli, l’antologia L’aquilone. Poesie d’amore per l’infanzia (Macabor 2023). Perché hai scelto l’immagine dell’aquilone per raccogliere i versi degli autori coinvolti?
“Qualche anno fa curavo, per il mensile letterario «Il foglio volante – La flugfolio», rivista in italiano ed esperanto, una rubrica di poesia dei giovanissimi che aveva nome ‘L’Aquilone’. Fu un’esperienza bellissima. Pensieri poetici di giovani autori che scrivevano in redazione lasciando la loro testimonianza. Ho preso spunto da questo, ma anche dal fatto che l’aquilone è affascinante, sospeso com’è a mezz’aria in una libertà mai totale, poiché legato ad un filo, spesso invisibile agli occhi.”
Una parte importante del tuo impegno consiste nell’ascolto e nella valorizzazione delle voci più giovani: quali sono gli aspetti che colpiscono maggiormente all’interno delle loro poesie?
“Mi colpisce molto nei ragazzi, analizzando i loro versi poetici, lo stupore dinanzi la bellezza del Creato. Quasi si vedono i loro grandi occhi sgranati osservare un tramonto, le barche in danza lieve nei porti, il disperato concedersi all’amore che non conoscono bene cosa sia, che è sfuggente, è enigma.”
La tua scrittura mette spesso in contatto poesia e fiaba mediante la dimensione simbolica del bosco e dell’acqua: come l’elemento naturale interagisce con il lato sommerso dell’esistenza?
“Noi tutti siamo Natura, crocefissi o liberi nel ‘vello d’oro’. L’acqua si prese Luciano, l’acqua disseta la terra. L’acqua è elemento sacro. Il bosco, gli alberi (che hanno 14 sensi) (qualcuno in più degli esseri viventi), fanno sognare. Forse il sogno è una lunga passeggiata nel passato, una dimensione diversa con la quale confrontarsi.”
Nella tua raccolta di poesie Dimenticato (Macabor 2021) l’infanzia si intreccia con incisiva delicatezza all’invisibilità e alla scomparsa. In che modo una lontananza siderale può diventare cammino e incontro?
“‘Dimenticato’ è un nome proprio, il nome di un ragazzino, Dimenticato, caduto da una stella sul Mondo. Invisibile a tutti, tranne ad una Crisalide, trascorre il suo tempo a correre nei boschi, tra i prati, nei campi durante la mietitura del grano, tra le stradine dei paesini dormienti, senza mai voltarsi indietro. Mai. L’invisibile della Bellezza agli occhi di chi non può vederla.”
Salutiamo i lettori di Hermes Magazine con una tua poesia!
SCATOLINE DAI BORDI BLU
A volte si riposava sedendosi
sulle scatoline dai bordi blu
che i contadini più sorridenti
lasciavano maturare insieme alle spighe
di grano. Quello che potevano di lui amare
lo amavano e basta. Viveva così,
quasi nessuno vide il ragazzo alimentarsi
o addormentarsi profondamente.
Apriva i coperchi dove i raggi del sole
spinti gli uni contro gli altri
risultavano spenti. Poi alcuni fiori
saldamente ancorati ai sentieri d’un viola acceso,
piccoli insetti rosa accanto ai grandi cuori morti.
Oracolare e misterico, dilatato acceso cuore
morto. La eco del porto accarezzava
le sembianze d’un sesso dolcemente assente.
Il pantaloncino verde come le parole dei fiumi.
La navigazione degli abissi
a ripristinare l’ordine perduto.
da Dimenticato (Macabor 2021)
Laureata in Lettere moderne all’Università di Bologna, collaboro con il Poesia Festival e sono redattrice di «Hermes Magazine» e di «Laboratori Poesia». I miei versi sono stati selezionati nello spazio La bottega di Poesia de «La Repubblica» (Bologna, maggio 2019), nell’Almanacco «Secolo Donna 2022» (Macabor Editore 2022), in vari concorsi poetici e per riviste on line. Nel 2020 ho pubblicato la mia prima raccolta di poesie, Cosa resta dei vetri (Corsiero Editore), e nel 2023 ho curato l’antologia Il grido della Terra (Macabor Editore).