Un sogno di Sangue di Tiziano Sclavi

Un sogno di Sangue di Tiziano Sclavi

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Fonte foto: Campironi

Prima o dopo?

Stando all’elenco dei libri pubblicati da Tiziano Sclavi, nel nostro proseguire l’analisi completa dell’opera dell’autore in ordine, il libro Sogni di sangue è stato pubblicato da Camunia nel 1992, e pertanto altri sono i titoli che andrebbero presi in considerazione prima di esso.

Tuttavia, il libro in questione è una raccolta di quattro romanzi brevi: e il primo di essi, proprio Un sogno di sangue da cui la raccolta prende il titolo, è stato già pubblicato da Campironi nel 1975, un anno dopo la pubblicazione di I misteri di Mystére e Film, anche in questo caso sotto lo pseudonimo di Francesco Argento.

Il libro Un sogno di sangue, curiosamente, senza minimamente citarlo nel titolo, comprendeva anche Un delitto normale, quello che poi sarebbe diventato il terzo romanzo della raccolta del ’92.

Tiziano Sclavi

Una continuity rivisitata

È quindi per questo che qui ci limiteremo a prendere in esame solo i due romanzi pubblicati in questo libro, quello del 1975; lo faremo tuttavia basandoci sulla versione pubblicata nel 1992, la raccolta Sogni di sangue, dato che la prima versione del romanzo è ormai pressoché introvabile (e anche quella del ’92 non scherza).

Facciamo questa precisazione perché è evidente, inversamente a quanto lo stesso Sclavi aveva fatto con la riedizione di Film del 1994, che qui l’autore ha rimesso le mani sull’opera prima della ripubblicazione. Poca roba, niente che sia in grado di alterare il contenuto delle storie (ma di ampliarle nei confronti dei quelle che gli si sarebbero affiancate nella nuova edizione però sì), tuttavia ciò ci è proprio manifesto dalla presenza nel testo di elementi che non potevano esistere nell’anno della prima pubblicazione (come la citazione di Dylan Dog, del 1986, dello stesso Sclavi, ma anche quella di La vita, istruzioni per l’uso, iperromanzo di Georges Perec del 1978, vale a dire tre anni dopo la prima pubblicazione), e soprattutto dalla ricontestualizzazione delle storie nel presente del 1992.

La ricontestualizzazione di Tiziano Sclavi

Se mai un giorno si rivelasse necessario ricostruire una precisa continuity nelle storie di Sclavi (e non crediamo si sia troppo distanti da tale situazione), pertanto, è negli anni ’90 che le storie di questo volume andrebbero ambientate, e non più negli anni ’70.

Questa tendenza alla ri-contestualizzazione è un vero e proprio problema che Sclavi si è chiaramente lasciato scappare di mano quando si è lasciato scappare di mano anche tutta la sua produzione, probabilmente per mettere ordine nella sua vita (ci sarà riuscito davvero?). Ciò è diventato apertamente manifesto nella continuity del Dylan Dog del nuovo millennio, e in particolar modo nell’ultimo decennio; ma quella di Dylan Dog è una questione estremamente complessa che tratteremo in seguito: quello che ci premeva sottolineare adesso è che è proprio qua che il problema inizia a rendersi esplicito, proprio nel percorso letterario extra-fumettistico.

Tiziano Sclavi o Francesco Argento?

Se da un lato infatti possiamo dire tranquillamente che l’edit del libro Sogni di sangue del ’92 è il classico prodotto letterario del primo Sclavi scrittore, la stesura del libro Un sogno di sangue (così come anche Film e I misteri di Mystére) è un prodotto letterario di Francesco Argento, quello che probabilmente lo stesso Sclavi era arrivato a considerare una versione embrionale di se stesso.

Ed è una versione embrionale che è portato a rivedere e correggere, ricostruire, ampliare, ricollocare. Questa cosa Sclavi sarà portato a farla con più o meno tutta la sua produzione, rendendo difficile starci dietro (ed è un vero peccato, perché l’opera sclaviana è meravigliosa), dato anche il suo progressivo sparire dalla scena pubblica.

Tiziano Sclavi

Tutti riambientati tranne uno

I motivi per cui Un sogno di sangue (rieditato e ripubblicato nel 1992) sia stato riveduto e corretto e Film (solo ripubblicato nel 1994, nella riedizione di Nero.) sono probabilmente da ricercare proprio in quei due anni di distanza. In questo breve periodo infatti l’universo personale dell’autore inizia a mutare, trasformandosi in qualcosa per lui di veramente difficile gestione: un successo inaspettato, inaudito, tanti soldi e tante richieste, di fronte a una psiche dalla gestione complicata che ormai iniziava a cedere. Il primo romanzo del “nuovo” Sclavi, Le etichette delle camicie, è del 1996: prima di questo, l’ultima produzione letteraria dello Sclavi romanziere (e nello specifico, del “primo” Sclavi romanziere) è probabilmente la rilettura e riedizione (e non la stesura, sia chiaro) dei quattro romanzi brevi di Sogni di sangue, compresi i due rimanenti, scritti nei primi anni ’80, Il testimone arcano ed il bellissimo Quante volte tornerai.

Il testimone arcano di Tiziano Sclavi

Proprio Il testimone arcano, che presumiamo esser l’ultimo del quartetto ad esser stato scritto (e non a caso scegliamo la parola ultimo: con tale opera termina probabilmente in maniera definitiva la vena stilistica del primo Sclavi) rappresenterà per l’autore una ricerca nella ricerca, portandolo a scrivere questa storia più e più volte (ci torneremo a tempo debito quando parleremo della raccolta), come se la ricerca stessa di una perfezione irraggiungibile lo stesse divorando. Era un altro tipo di perfezione quella che l’autore stava cercando, fatta di una vita più serena, una mente più tranquilla. In qualche modo si era convinto di poterla raggiungere con le parole, eppure esse stesse non gli bastarono ed un bel giorno le abbandonò.

Tiziano Sclavi dopo Tiziano Sclavi

Poi, infatti…più nulla. Tiziano si spenge. La scrittura di Dylan Dog diventa meno fitta (fino a sparire praticamente del tutto), di romanzi non se ne parla, addirittura si infittisce il mistero sulla sua persona: in un’epoca in cui Sclavi era l’autore del secolo, fautore del rinascimento del fumetto italiano, romanziere riscoperto, con film tratti dai suoi romanzi, fan festival, un merchandising a dir poco spropositato, progetti per film e/o serie tv e/o cartoni animati per la sua opera principale (l’indagatore dell’incubo)…Sclavi si comportava come J. D. Salinger, l’autore de Il Giovane Holden: niente interviste, niente foto, nessuna apparizione pubblica. Per entrare in contatto con lui, egli stesso riporterà, dovevi par parte di una piccola cerchia. Anche nella stessa redazione. La gente gli faceva paura, il mondo gli faceva paura.

Esattamente come l’autore americano, la natura fortemente schiva e riservata emerge in superficie, e non di rado lo si descriverà come un misantropo. Si dice non rilasciare neppure autografi (non sono mica un cantante), e le voci sulla sua instabilità psicologica iniziano a farsi ben più che indiscrezioni (tanto da portarlo ad uscire allo scoperto nei due libri successivi, quelli del “secondo” Sclavi).

Un sogno di sangue: il giallo psicologico

Nel 1975, tuttavia, Tiziano era ancora un fresco ventiduenne di ottime speranze, e la sua produzione non soffriva ancora di nulla che gli impedisse di creare con feroce creatività, anzi. La psicanalisi non era ancora iniziata e sebbene sappiamo ben poco di quando l’autore abbia iniziato a bere in maniera patologica, è con una certa sicurezza che possiamo affermare che le ossessioni descritte dall’autore nei suoi testi sono ancora frutto di citazioni; e sebbene un certo velo di depressione già si intravede nella sua scrittura, appare chiaro che l’autore ne ha il controllo e non viceversa (e anzi ciò dona ai suoi testi una scrittura profonda, personale, intimistica).

Un sogno di sangue è il classico esempio di questo tipo di produzione: forte di esperienza pregressa e di quella sicurezza necessaria per dare corpo a personaggi a tutto tondo, Sclavi rielabora qua quel Jacques Mystère che fu del primo lavoro e lo trasforma in un poliziotto adulto, interessante, a tutto tondo. Non è un elemento da prendere a cuor leggero: il commissario Straniero è il vero personaggio delle opere di Sclavi. Non il protagonista, no: ma quello che appare in tutte, o quasi; che anche quando non c’è permane una presenza sottintesa, un legame con tutto quello che accoglie le storie dell’autore pavese. L’universo letterario (o forse, a ragione, possiamo dire multiverso) di Tiziano Sclavi è un mondo reale, il mondo reale, quello dove vive lui e dove viviamo noi. Eppure la sensazione è che lui abbia la possibilità di vedere di più, notare cose che alla maggior parte delle persone sfuggono. Salvatore Straniero fa da filo conduttore in questo multitesto complicato e allo stesso modo piccolo, capace di portarci dalla Pavia dell’autore (e poi a tutte le città del circondario dove lo stesso ha vissuto, lavorato o semplicemente immaginato di farlo) fino ai limiti dell’universo, che per semplice capacità descrittiva scopriremo trovarsi…dietro l’angolo. Se già in Film parte della storia si ambientava nella redazione di un giornale, ambiente naturale e vitale per l’autore, qui esso viene palesato ne La provincia Pavese. I nomi dei diversi collaboratori ci segnalano che non si tratta probabilmente dello stesso giornale (ma ci viene logico pensare che lo sarebbe stato, se al momento della ripubblicazione di Film Sclavi avesse avuto anche lo spirito di rieditarlo), ma esattamente come in Film si conserva la scelta dell’autore di chiamare i protagonisti, oltre che con i sempre presenti Francesco/Francesca, verso i quali Sclavi nutre una strana ossessione, con i nomi degli autori o dei personaggi dei fumetti (Pratt, Battaglia, Zanardi).

Salvatore Straniero

In questa realtà Salvatore Straniero, protagonista di entrambi i romanzi, napoletano di nascita che però ha sempre vissuto nel pavese, ci viene presentato come un uomo grosso e triste (è chiaramente la versione arcaica di quello che poi sarebbe diventato l’ispettore Bloch in Dylan Dog). Vive con Teresa, moglie con la quale non è sposato, e non sappiamo assolutamente nulla della loro età. Di controtendenza con il ruolo che interpreta per il periodo in cui è stato scritto, sono probabilmente entrambi comunisti di vecchio stampo e al contempo persone di buona cultura e informazione. Leggono, si informano, entrambi cercano risposte ai problemi del presente rifacendosi alla narrativa della loro libreria (è Teresa che legge Perec).

Che tipo di giallo

Entrambe le storie del volume sono gialli, infatti, ma gialli di tendenza psicologica. La soluzione del caso non è legata troppo agli indizi, che poi sono presenti di fatto sin da subito, ma alla ricerca di quel famoso dettaglio che l’investigatore ha registrato ma non visto. Addirittura nella seconda storia sappiamo già (sia noi che il commissario) chi sia il colpevole, e si potrebbe addirittura già chiudere il caso; ma mancano 25 minuti alla ricostruzione della vicenda, e tutta la trama ruota attorno al fatto che Straniero si intestardisce sul capire perché manchino. Ma, elemento che chiarisce subito di fronte a che tipo di scrittura ci troviamo, non ci riuscirà: solo a noi lettori sarà concesso, nell’ultima pagina, assistere al contenuto di quel lasso di tempo mancante. Il mistero, per Tiziano, resta tale: anche quando le cose vanno al loro posto e la trama funziona la realtà vince, e non l’uomo. Quella dei dubbi, dei pensieri, quella che ci fa interrogare sul perché delle cose e comunque, ci lascia sempre senza una risposta precisa.

Quando ci si mette la politica…

Per curiosità, la diversa ricollocazione temporale cambia nettamente la descrizione comunista dei personaggi: tuttavia, appena cinque anni dopo, il 18 luglio 1997, in quella che di fatto è la sua prima uscita pubblica da autore di successo, l’autore compare al congresso di Rifondazione Comunista al fianco di Fausto Bertinotti, quindi questo probabilmente ristabilisce la coerenza con la visione politica del commissario nonostante la traslazione cronologica di vent’anni. Per la cronaca, tale apparizione avrebbe scatenato un putiferio immenso nel fandom fumettistico e anche nella politica italiana, lasciando intravedere una politicizzazione del personaggio di Dylan Dog, cosa che se fosse stata confermata avrebbe rappresentato un gran brutto precedente, perché quando questo accade con un personaggio che vende 200mila copie (ma di fatto letto da milioni e milioni) questa cosa si chiama propaganda, ed in certe particolari condizioni e situazione si può persino arrivare ad ipotizzare il reato. La questione fu in seguito spiegata meglio, comunque, e nonostante qualcosa di vero ci fosse (Sclavi è indubbiamente comunista, qualsiasi cosa questo oggi significhi: il dubbio che quella dell’autore sia più una certa visione del mondo che una visione politica è praticamente certezza, in effetti), in quanto è di fatto impossibile non lasciar trasparire le proprie idee nei propri personaggi, la propaganda era indubbiamente da escludere.

Purtroppo in quel momento il personaggio iniziò indubbiamente a cambiare, spostandosi gradualmente (ma non nettamente né definitivamente; né, è giusto dirlo, inferiore in qualità. Solo diverso) dall’horror psicologico al sociale, inaugurando un periodo letterario diverso come ormai diverso era l’autore che lo curava (azzardato ormai dire che lo scriveva). Ma ci stiamo avventurando in un altro frangente della storia che dovremo per forza di cose trattare in seguito, quindi torniamo alle storie del commissario Straniero e alla potenza letteraria di Sclavi.

Il controllo mentale dello scrittore

In questo tipo di contesto si inserisce quello che è un labirinto funzionale a dir poco inquietante che fa chiaramente parte, nella sua concezione, della riedizione del 1992, sebbene chiaramente dovuto a un vero e proprio errore commesso dallo scrittore nel 1975. Nella prima storia, infatti, c’è un evidente refuso di scrittura: il nome dell’ispettore Clouseau della Pantera Rosa viene riportato come Clouzot. Nonostante il fatto oggi questo possa sembrare un errore incredibile, bisogna tener conto che nel 1975 non c’era la rete, ricercare informazioni non era così semplice e sicuramente i potenti mezzi della Campironi non erano poi così potenti. Detto questo, l’errore sembra comunque imperdonabile: librerie, biblioteche e cinema erano comunque consultabili. Basta fare una ricerca in tal senso, tuttavia, per rendersi conto che l’errore in questione, all’epoca, era comune, e questo dovrebbe bastare per spiegare il motivo della sua presenza. Non è sufficiente a spiegare, invece, perché al momento della sua riedizione del 1992 (evidentemente riveduta e corretta) esso sia stato mantenuto. Ed è in cose come questa che il genio si manifesta: senza entrare nel dettaglio (lo faremo quando parleremo della raccolta Sogni di Sangue), basterà dire che in quello che diventerà il secondo romanzo della raccolta ci sarà un altro errore, una evidente svista dell’autore (e dell’eventuale supervisore), di fronte al quale il lettore attento, che già gliene ha lasciato passare uno, inizia a sentirsi preso in giro: il libro che sta leggendo è evidentemente privo di supervisione editoriale. Ma basta continuare ancora qualche pagina per comprendere come stanno le cose: quando chi legge si rende conto del fatto che il personaggio è a conoscenza dell’errore di cui il lettore si è accorto (senza essere un metatesto) basta, è finita. È chiaro che Sclavi ha preso il possesso della mente del fruitore. Sei suo, fine.


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