Il cinema italiano ha sempre vantato la presenza di innumerevoli interpreti di alto livello, alcuni provenienti dal teatro, altri partiti da zero. I loro nomi si sono spesso legati ai film dei registi più richiesti del Belpaese, tanto nel cinema prebellico quanto nel Neorealismo, ai tempi in cui a Roma si riunivano le più importanti produzioni cinematografiche italiane e internazionali.
A stupire per la loro bravura, oltre che per l’avvenenza fisica, ci sono state anche molte attrici che hanno esportato la cultura italiana nel mondo, costruendo una doppia carriera locale e hollywoodiana. Scopriamo insieme tre di queste attrici, ripercorrendone gli esordi ma anche i successi più rilevanti della loro carriera.
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Anna Magnani, simbolo della romanità
Quando pensiamo a lei ci vengono in mente la fierezza, l’istinto materno, la forte espressività ma anche la bellezza segnata dal tempo. Anna Magnani fece di tutti questi i suoi punti di forza.
Nacque a Roma nel 1908 da padre ignoto e da madre sarta, Marina Magnani, una donna originaria di Fano che fuggì in Egitto per incontrarsi con un’amante, abbandonando la figlia. E così, in un ambiente tutto al femminile, affiancata da cinque zie e dall’amata nonna, Anna imparò presto ad affrontare l’infanzia contando solo su se stessa, fatto che avrebbe rivendicato più volte in età adulta.
Dopo essersi iscritta alla Scuola di Arte Drammatica “Eleonora Duse” con l’amico Paolo Stoppa, Anna esordì sul grande schermo nel 1934, recitando nel film “La cieca di Sorrento” di Nunzio Malasomma. Il successo vero e proprio, però, arrivò circa dieci anni dopo, quando ottenne la parte di Sora Pina nel film manifesto del Neorealismo “Roma città aperta” di Roberto Rossellini. Grazie a questo ruolo, infatti, venne premiata con il Nastro d’argento e diventò la musa per eccellenza del regista romano, con cui aveva anche una relazione sentimentale.
La carriera di Anna Magnani proseguì oltreoceano, ottenendo ruoli in produzioni di rilievo, a partire da “La rosa tatuata“, in cui recitò assieme a Burt Lancaster. Grazie al suo ruolo nel film di Daniel Mann, tratto dall’omonimo dramma di Tennessee Williams, Anna Magnani vinse il suo primo ed unico premio Oscar per la miglior attrice protagonista. Fu la prima attrice italiana a riceverne uno.
Dopo la parentesi hollywoodiana, in cui recitò per registi del calibro di Sydney Lumet e George Cuckor, Anna Magnani tornò in Italia lavorando per Pier Paolo Pasolini in “Mamma Roma”, che però non ottenne grandi incassi al botteghino. La sua ultima apparizione risale al film “Roma” di Federico Fellini (1972). Morì di tumore al pancreas nel 1973.
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Claudia Cardinale, indipendente e ribelle
Nata a Tunisi con il nome francofono di Claude Joséphine Rose, Claudia Cardinale viene da sempre associata agli ideali di indipendenza femminile e ribellione, che ha incarnato in molti dei suoi ruoli cinematografici.
Pur essendosi fatta notare grazie a un concorso di bellezza e a qualche particina in produzioni ambientate in Tunisia, Claudia non voleva fare l’attrice. Per tutta la sua carriera, dagli esordi fino al successo internazionale, aveva mantenuto un atteggiamento di distacco nei confronti del suo mestiere, che all’inizio visse con soggezione. Fu grazie a Pietro Germi – che la diresse in “Un maledetto imbroglio” del 1959 – che Claudia imparò a non temere l’obiettivo puntato su di lei.
Dopo aver esordito ne “I soliti ignoti” di Mario Monicelli (1958), Claudia fu chiamata dai più importanti registi per apparire come protagonista in molti loro film, spesso al fianco dei più importanti attori italiani dell’epoca. Particolarmente apprezzate dalla critica le sue interpretazioni ne “Il bell’Antonio” di Mauro Bolognini (1960), in “Rocco e i suoi fratelli” (1960) e “Il gattopardo” (1963), entrambi diretti da Luchino Visconti, compresa la sua comparsa nel famosissimo “8½” di Federico Fellini (1963).
Come altre sue colleghe, ad esempio Sophia Loren, si diresse verso Hollywood per tentare la carriera internazionale. Dapprima prese parte alla commedia “La pantera rosa” e poi nel film “Il circo e la sua avventura” in entrambi i casi recitando accanto all’attore britannico David Niven. Riuscì inoltre a inserirsi in film dall’eco mondiale, come il western decadente “C’era una volta il West” (1967), per la regia di Sergio Leone. Qui interpretava l’ex prostituta Jill McBain, uno dei rari personaggi femminili di questo genere. La sua era una parte sensuale ed enigmatica, ma anche delicata e inafferrabile, enfatizzata dalle musiche di Ennio Morricone.
Tuttavia, la sua permanenza fu costellata da noia, alienazione e insoddisfazione, pur avendo stretto amicizia con alcune delle più importanti figure dello star system americano. Infatti, quando fece ritorno in Italia, si dedicò soprattutto a se stessa, rivivendo quella giovinezza che fu caratterizzata da ritmi serrati e da un vita trascorsa sotto i riflettori di tutto il mondo.
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Gina Lollobrigida, la Marilyn Monroe italiana
Come Anna Magnani si fece sempre vanto della sua romanità e come Claudia Cardinale passò per un concorso di bellezza, grazie al quale ottenne un riscatto esistenziale dopo l’adolescenza trascorsa in povertà a causa della Seconda guerra mondiale. Quando fu notata per le sue forme giunoniche, venne accostata alla sex symbol più famosa degli anni Cinquanta, Marilyn Monroe, che ebbe la fortuna di incontrare quando entrambe erano all’apice delle loro carriere.
Gina Lollobrigida fu una delle poche attrici italiane ad aver esportato il suo talento e il suo orgoglio italiano al di fuori dell’Italia: quando fu scritturata nelle produzioni hollywoodiane lasciò attori e registi senza fiato. Imparò l’inglese e si impegnò al meglio per restituire ruoli il più autentici possibile. Come spesso confermò anni dopo, non “recitava” ma riproduceva quello che secondo lei i suoi personaggi avrebbero fatto, se fossero stati reali.
All’inizio degli anni Cinquanta affrontò i suoi primi successi, come “Achtung! Banditi!” (1951) di Carlo Lizzani e “Fanfan la Tulipe” (1952) di Christian-Jaque. A questi si aggiunsero anche i più maturi “La provinciale” di Mario Soldati (1953) e “La romana” di Luigi Zampa (1954), che l’aveva già diretta in “Campane a martello” (1949).
Dopo aver guadagnato il consenso di pubblico e critica in “Pane, amore e fantasia” di Luigi Comencini (1953), la carriera di Gina incontrò un successo senza precedenti che la portò direttamente a Hollywood, dove esordì con il film “Il tesoro dell’Africa” di John Huston (1953). Seguirono tante altre interpretazioni rimaste impresse nell’immaginario collettivo: prestò il volto alla soprano Lina Cavalieri ne “La donna più bella del mondo” di Robert Z. Leonard (1955), dove recitò in coppia con Vittorio Gassman, ma fu anche un’energica e sensuale Esmeralda ne “Il gobbo di Notre Dame” di Jean Delannoy, dove recitò accanto ad Anthony Quinn.
A partire dagli anni Settanta, dopo il successo che ottenne nel ruolo della Fata Turchina nell’adattamento di Pinocchio, dove recitò accanto a Nino Manfredi, si allontanò dagli schermi cinematografici. Vi fede ritorno nel 1995 con “Cento e una notte” di Agnès Varda.
Nasce a Milano il 31 agosto 1998 da madre e padre egiziani, originari del Cairo e cresce con il piede in due staffe: da un lato, viene educata in seno alla cultura italiana, ampiamente assorbita sui banchi di scuola iscrivendosi al liceo classico, dall’altro si nutre di tutto ciò che ha a che fare con il mondo arabòfono. Di fatto è bilingue, ma non chiedetele quale dei due idiomi preferisce: sarebbe come scegliere tra mente e cuore. Inoltre, mentre cerca di capire cosa fare da grande (in verità le piacerebbe tornare bambina e passare i pomeriggi a guardare cartoni animati alla televisione), si dedica alla scrittura di articoli online per testate giornalistiche.