Lo scorso 9 maggio un pranzo a Palazzo Petrucci ci ha aperto una finestra su uno scenario incantevole e suggestivo.
Ad un passo dal mare, con un’ampia visuale che spazia dal Vesuvio fino allo storico Palazzo Donn’Anna, abbiamo avuto l’occasione di assaporare i piatti nati dal connubio stellato tra gli chef Lino Scarallo (“domiciliato” effettivo al ristorante) e Gino Pesce (proprietario del ristorante Acqua Pazza a Ponza), in collaborazione con l’azienda vinicola laziale Casale del Giglio.
La collaborazione stellata con Casale del Giglio
Inizia così questo percorso di degustazione, che pone le sue basi su un servizio e un’organizzazione impeccabili – merito anche della professionalità di Laura Gambacorta – e ci permette di vivere questa esperienza unica fatta di sapori intensi, arricchiti da profumi e sentori, che sono frutto di un’ambiziosa ricerca enologica.
Casale del Giglio è un’iconica cantina del Lazio che produce vini da vitigni autoctoni ma anche vini internazionali.
Il proprietario Antonio Santarelli e l’enologo Paolo Tiefenthaler, i quali si prendono cura di questa perla dell’Agro Pontino, hanno fortemente voluto una collaborazione con le due stelle Michelin Lino Scarallo e Gino Pesce, per elevare alla massima potenza alcune tra le eccellenze del patrimonio enogastronomico italiano.
In questa unione straordinaria vengono messe in reciproco risalto le peculiarità caratteristiche dell’uno e dell’altro: da un lato l’estro di una cucina mediterranea rivisitata con raffinatezza, dall’altra la maestria nella produzione di vini.
Il pranzo, il vino, il mare
Tutto ha avuto inizio con un gradito fuori programma di “benvenuto”.
Guidati dal delegato Ais Napoli Tommaso Luongo, siamo partiti con l’assaggio di due vini rossi che ben rappresentano l’essenza di Casale del Giglio: il Matidia (un Cesanese ) a cui segue un Tempranijo.
Il primo color rosso rubino, fresco e leggermente speziato, con note di frutti rossi e ciliegie mature; il secondo con sentori fruttati di lampone, ribes nero e aromi di sottobosco, ricco e molto concentrato al gusto, che viene esaltato dalla presenza di tannini molto dolci.
Il tutto accompagnato con deliziosi antipasti finger-food , pensati ad hoc da Scarallo, a base di pesce e formaggi.
Il pranzo, diviso in 4 portate, vede l’alternanza dei due chef che si battono a colpi di creatività e ingegno.
La prima portata, a cura di Gino Pesce, è un carpaccio di ricciola, con chips di rapa rossa, capperi e yogurt.
Un delicato accostamento tra dolcezza e sapidità, che ben si sposa con il Satrico 2021, un giallo paglierino dal gusto secco e acidulo, con aromi di mela golden e vaniglia.
Lino Scarallo risponde con un piatto singolare: candele con riduzione di genovese, tartare di dentice, fonduta di provola e zeste di limone.
Un primo piatto a tendenza dolciastra che gioca con i sapori, rivisitando la tradizione ma senza stravolgerla.
A chiusura un Faro della Guardia Biancolella 2021, un bianco dall’ottima mineralità e sapidità – che derivano dal territorio “vulcanico–calcareo” in cui nasce – con un piacevole retrogusto fruttato e agrumato.
È la volta di Gino Pesce che ci presenta il suo pesce spada marinato alla soia, cotto al forno, con carote e semi di papavero.
Un trancio dalla forma triangolare, compatto e dalla consistenza morbida, che trova il suo equilibrio nella cremosità delle carote che lasciano una sensazione vellutata al palato.
La pietanza è stata accompagnata da un Radix Bellone 2017, un vino dorato e brillante, dal sapore intenso, con note di fiori gialli, aromi mediterranei, pesca e frutti esotici.
Il gran finale è la “Stratificazione di Pastiera Napoletana” di Lino Scarallo.
Si tratta di una pastiera scomposta e adagiata in una coppa da dessert, che è un capolavoro per gli occhi e per il palato.
Lo stesso Scarallo afferma di aver avuto l’idea anni fa, negli anni “ribelli” della giovinezza in cui ha dovuto affrontare i pareri contrastanti dei pasticcieri napoletani tradizionali.
Ma lo chef non ha cambiato nulla della vecchia ricetta, curando semplicemente la forma di un tipico dolce al piatto che diventa così una prelibata crema da gustare al bicchiere.
Ad accompagnare c’è l’ Aphrodisium 2020, un vino molto dolce, a base di uve Petit Manseng, Viognier e Fiano, con profumi di frutta sciroppata, agrumi maturi e note di miele e fiori d’arancio che lo rendono giusto per chiudere in armonia il pranzo.
È così che si conclude una giornata speciale, gettando, tra un boccone e l’altro, lo sguardo sul panorama fuori dalle enormi vetrate.
In lontananza il golfo di Napoli e sulla spiaggia che costeggia il ristorante appaiono già i primi audaci bagnanti che si apprestano a rinnovare la tintarella in vista dell’estate ormai vicina.
Salutiamo nostalgicamente questa splendida cartolina, immagine che cattura l’essenza della città partenopea.
Laureata in Archeologia, Storia delle Arti e Scienze del Patrimonio Culturale alla Federico II di Napoli. All’età di 5 anni volevo fare la “scrittrice”, mentre adesso non so cosa di preciso mi riserverà il futuro. Ma una cosa certa è che la scrittura risulta essere ancora una delle mie attività preferite, una delle poche che mi aiuta di tanto in tanto ad evadere dal mondo.