Sardina essiccata: un presidio Slow Food

La sardina essiccata del lago d’Iseo fa parte di uno dei simboli della bellissima Montisola (la prima perla) e delle sue acque, che andava tutelata e onorata con il riconoscimento che merita, diventando un cibo “protetto” dal presidio Slow Food.

La tradizione bresciana vuole l’agone come una delle sue specialità principali; viene largamente apprezzato ancora oggi, sia dai locals che da appassionati gastronomici, all’interno di tante ricette gustose e genuine – soprattutto anche in seguito alla sua “apparizione televisiva” in una puntata della decima edizione di Masterchef.

Il territorio e il presidio

Il lago d’Iseo è ricco di fascino sotto tanti punti di vista, sicuramente per i suoi scorci e paesaggi naturali – ed ha accresciuto esponenzialmente la sua fama a livello mondiale in seguito alla famosa installazione “The Floating Piers” di Christo. Ma il territorio è molto apprezzato anche per la sua vasta offerta gastronomica; con il tempo però le lavorazioni dei cibi sono diventate sempre più industrializzate e le risorse naturali vengono sfruttate sempre più intensamente.

Fonte foto: Wikimedia Commons

La pesca eccessiva unita alla mancata attività di ripopolamento delle acque, rendono la sardina locale sempre più rara, costringendo i produttori ad impiegare pesce proveniente da altri laghi. Il Presidio vuole invece valorizzare l’antica tecnica di essiccazione e conservazione originale e differenziarla da quella di altra provenienza.

Ecco perché, in determinati frangenti, interviene Slow Food, un’associazione internazionale senza scopo di lucro, il cui claim è “buono, pulito, giusto“. L’idea nacque a Bra, in Piemonte, con l’obiettivo di preservare quella parte di storia legata alla gastronomia e quindi inevitabilmente alla cultura dei popoli, cercando di evitare la temibile perdita di tradizioni e radici millenarie.

I pescatori della zona, un tempo provenivano quasi tutti dall’isola al centro del lago, e per molti anni essa è stata fra i primi produttori mondiali di reti da pesca. Dopodiché la concorrenza asiatica ha avuto la meglio, ma oggi il paese dei pescatori è entrato a far parte della classifica di uno dei “Borghi più belli d’Italia“.

Il piccolo centro è anche poco inquinato e molto vivibile: non è permesso circolare con l’auto, ma solo a piedi, in bicicletta o motorino, con l’eccezione dei servizi di trasporto. Un ambiente così particolare, ricco di storia, gastronomia e autenticità, non poteva che diventare un luogo da preservare dall’industrializzazione e frenesia della vita moderna.

La lavorazione

Le sardine di lago essiccate del bresciano vengono lavorate da almeno più di 1000 anni, così riportano i primi riferimenti di storia locale. La pesca avviene tutto l’anno, tranne nei mesi primaverili della riproduzione.

I pescatori escono al tramonto e posizionano le tipiche reti di profondità (le sardenere) in mezzo al lago. All’alba ritornano e le ritirano piene di agoni, che vengono subito puliti  a bordo della barca e  lavati in acqua corrente; dopodiché vengono lasciati per almeno 48 ore sotto sale.

Si passa poi alla fase di essiccazione al sole e all’aria del lago per circa un mese; un tempo si faceva solo nei mesi invernali per evitare che il troppo caldo facesse deperire il pesce. Si usavano gli archèc in dialetto locale, dei rami di frassino o carpino, piegati ad arco ai quali si appendevano le sardine infilate in tante cordicine. Oggi esistono luoghi appositi in cui l’essiccazione viene effettuata secondo precise normative igieniche.

Infine, l’inscatolamento in contenitori di acciaio o legno, prevede la copertura finale delle sardine con olio di oliva. In questo modo, si conservano per diversi mesi, a volte addirittura 2 anni. Dopo qualche tempo le sardine diventano dorate; si possono quindi cuocere per pochi minuti sulla brace, per poi essere condite semplicemente con olio, prezzemolo e aglio e servite con il tipico contorno dei laghi del nord: la polenta.