Fonte foto: dalla rete Per Dark Crisis, © 2022 DC comics.
Attenzione: articolo sui fumetti fortemente polemico. Se non volete approfondire andate direttamente al paragrafo Anche se…
Quando mi hanno affidato questo titolo ho tremato, giuro. Probabilmente non me ne affideranno più.
Poi ho pensato che sarebbe stato un buon accompagnamento ai discorsi sull’approfondimento sui fumetti di Hermes Magazine (li trovate qui, qui, qui, qui, qui, qui e qui).
Ho tremato
Ho tremato, sì. Perché è sì vero che mi occupo del media da tutta la vita, come è anche vero che lo seguo con passione più o meno altalenante a seconda dei periodi produttivi e anche delle relative finanze, non solo del sottoscritto: perché deve essere ben chiaro a chiunque che le possibilità di produzione di qualità (leggi: pagare gli autori un giusto che permetta loro di sopravvivere) sono sempre legate alle reali possibilità di acquisto del pubblico. E non deve sfuggire all’occhio dell’osservatore che meno si vende e più si produce: 100 copie vendute di cento prodotti diversi sulla carta compensano le 10000 copie* che non si vendono più del prodotto singolo. E certo, ne moltiplicano anche le spese. Questo potrebbe introdurre un discorso complicato che ora qua non farò, ma che per prima cosa si traduce inevitabilmente in taglio degli investimenti (leggi: riduzione dei compensi).
Le palle che ci raccontano
Ovunque in giro si legge che il mercato del fumetto è florido, che le vendite aumentano, che salgono del 25, del 40, del 50%.
A parte il fatto che è facile guidare dati del genere, basta capire a quale paragone stiamo facendo riferimento ed a quale circuito di vendita guardiamo; basta poco ad aumentare le vendite in libreria, dove storicamente non si vendevano che pochi volumi, mentre è fin troppo semplice non considerare i dati di vendita delle edicole, che perdono decine di migliaia di albi al mese; e che notoriamente, è giusto lo sappiate, sono blindatissimi: se nel circuito delle librerie i dati vengono dai distributori, sono solo le voci di corridoio ed il passaparola degli edicolanti a dirci quanto vendono Dylan Dog, Topolino e Tex.
Poco, pochissimo.
Se il mercato del fumetto è florido, i fumettisti se la passano proprio male.
E quindi?
E quindi è semplice: la qualità di un prodotto è legata indissolubilmente alla sua possibilità di essere sostenibile. Se oggi un disegnatore di Martin Mystère (ma qui metto dati assolutamente a caso, sia ben chiaro) viene pagato a tavola un quinto di dieci anni fa, per riuscire a mantenere stabili le sue entrate dovrà lavorare cinque volte più velocemente. Ed il bello è che il mercato glielo permetterebbe anche: abbiamo appena detto che meno si vende e più si produce, per stabilizzare le entrate (saltiamo per comodità, in questo articolo, tutta la questione legata alle spese supplementari).
Ma la qualità…
Ma la qualità di un prodotto è legata al tempo che si impiega a realizzarlo. Da disegnatore, affermo tranquillamente che un buon prodotto realizzato in un quinto del tempo non è cinque volte più brutto, ma mille: fino a raggiungere la non pubblicabilità dello stesso.
Questo vale anche per gli autori letterari, sia ben chiaro.
Il che da un lato spiega, almeno in parte, il progressivo calo delle vendite; e dall’altro, il costante abbandono di molti disegnatori e autori alla ricerca di realtà più stabili.
E quindi, veniamo al mercato
Ho fin qui volutamente fatto esempi di fumetti relativi alla nostra industria, praticamente ormai composta unicamente di Bonelli e Disney. Sì, lo so che c’è altro, ma…è poco. Non abbastanza da appartenere completamente alla categoria dell’industria produttrice nostrana.
O da rientrare nella categoria per altri motivi.
Quindi vorrei evitare di prendere in considerazione i casi.
Nel sistema
Nel sistema produttivo del fumetto mi piace far rientrare (sempre con tutte le dovute eccezioni, che poi mi portano a farci rientrare tutto) qualcosa che riesca a soddisfare più o meno tutto quello che obbedisce a quelle che dovrebbero essere considerate sempre le sue caratteristiche principali:
Deve essere fumetto
Primo, utilizzare le regole base del fumetto (il che taglierebbe fuori manga e manhua, che per definizione obbediscono a regole narrative differenti; eppure, comunque, voglio considerare anche qualcosa di questi)
Deve essere seriale
Secondo, avere una continuità seriale (il che taglierebbe fuori tutte le graphic novel** e in generale qualunque uscita one shot; eppure, in generale, voglio considerare anche quelli. Le produzioni di Mirka Andolfo, ad esempio, rientrano a pieno merito in questa categoria).
Fonte immagini: dalla rete.
Sacro/Profano, © 2013 Mirka Andolfo-Dentiblù
Deve essere popolare
Terzo, avere un prezzo popolare (il che ormai taglierebbe fuori praticamente tutto***; eppure, ignoro questa regola e continuo a prendere in considerazione tutto).
Deve essere nuovo
Quarto, proprio perché parliamo di sistema produttivo, non dovrebbe trattarsi di ristampe. A che ristampa siamo arrivati di Dragon Ball? Alla centocinquantesima? Quando si parla di aumento delle vendite, tenete in considerazione anche questa cosa. Chiedetevi cosa si vende.
Deve essere nuovo-2
Quinto, per lo stesso motivo precedente, dovrebbero essere considerate in maniera differente le produzioni estere ristampate in italiano (come, appunto, Dragon Ball ma anche Batman o Iron Man): i loro costi di produzione sono già in larga parte già pagati nel loro paese d’origine.****
Deve essere su carta (?)
Sesto, e questo mi dispiace davvero tanto, per essere considerato nel sistema produttivo non può far parte del mercato digitale gratuito, che comprende cose bellissime. Un giorno parleremo esclusivamente di quello.
Il punto interrogativo sul titolo è perché no, secondo me il fumetto non deve essere per forza su carta (che è solo un contenitore e non il prodotto), esattamente come i libri. Ma qua stiamo analizzando un sistema produttivo e per forza di cose per analizzare le vendite ora dobbiamo considerare solo i prodotti cartacei. Il mercato digitale a pagamento, invece, che è una cosa che esiste, è una cosa più complessa che al momento preferirei lasciar fuori (anche perché rappresenta una fetta di mercato quasi infinitesimale).
Ma quindi cosa consideriamo?
Tutto. Per comodità prendiamo in considerazione tutto e poi andiamo a valutare il titolo dell’articolo: le novità a fumetti attese in autunno.
Le novità
Se parliamo di novità dovremmo automaticamente escludere tutto quel che già esce (sottolineando che comunque ci limitiamo a quel che vedremo in Italia), il che ci costringerebbe a prendere in considerazione solo le graphic novel e le nuove serie. A prescindere dal fatto che non mi risulta ci siano serie effettivamente nuove di prossima uscita, limitarci alle graphic novel mi pare una forte presa di indirizzo che no, non coglierò. Quindi in tal senso mi sento di includere anche i nuovi eventi legati a serie già in corso.
Eccole:
In tal senso, le uniche cose che a mio giudizio rientrano in tale categoria sono Dark Crisis della DC e una manciata di manga -di cui tre, dico TRE (LA LEGGENDA DEL RE LUPO, IL RE LUPO e JAPAN) realizzati in coppia tra Buron Son e Kentaro Miura, gli autori di Ken il guerriero (il primo) e Berserk (il secondo). Il Re Lupo per altro è del 1989 e Japan del 1992. Un po’ difficile parlare effettivamente di novità.
Fonte foto: dalla rete.
Il re nudo, © 1989 Buron Son-Kentaro Miura
Gli altri manga sono THE ELUSIVE SAMURAI 1, di Yusei Matsui; TOGEN ANKI-SANGUE MALEDETTO 1, di Yura Urushibara; SHORT STORIES 1: TIMELESS VOYAGERS, di Boichi; MOGLIE DI UNA SPIA (miniserie di due volumi), di Ryusuke Hamaguchi, Kiyoshi Kurosawa, Tadashi Nohara, Masasumi Kakizaki; OTHERSIDE PICNIC 1, di Iori Miyazawa, Eita Mizuno, Shirakaba, BLUE SKY COMPLEX 1, di Kei Ichikawa; HELLO MORNING STAR 1, di Tomo Kurahashi; PINK & MAMESHIBA 1, di Tomo Kurahashi.
E altro?
Difficile trovare novità Marvel MCU (Marvel Comics Universe) non collegate al MCU (Marvel Cinematic Universe, stessa sigla, che geni), quindi non le prenderemo in considerazione.
Difficile anche trovare novità nella produzione Bonelli (ma presto, passando dall’analisi dell’autore, ci addentreremo nel difficile periodo che sta attraversando Dylan Dog e sulle possibilità che potrebbe avere per uscirne), Astorina (Diabolik), MCK (Lupo Alberto) e Disney-Panini (mi piace solo sottolineare che la politica editoriale attuale di Topolino rivista di ridurre o tagliare l’apporto di collaboratori storici a fronte di nuove leve e di intensificare a dismisura l’apporto di storie e puntate non è per niente una buona idea-my 2 cents).
Altro ancora
Valuterò i prodotti Panini e Star comics di produzione non mainstream e tutte le produzioni delle piccole e piccolissime case editrici italiane (che è comunque un altro elemento di produzione infinitesimale) in un articolo a parte.
Anche se…
Il catalogo Bao Publishing per l’autunno contiene già, in effetti, delle interessanti novità (e sono probabilmente le uniche che troverete in questo articolo):
IL ME CHE AMI NELLE TENEBRE, di Skottie Young e Jorge Corona; DEEP VACATION, di Yi Yang; PRIMORDIAL, di Jeff Lemire e Andrea Sorrentino; e chiaramente l’immancabile Zerocalcare con NO SLEEP TILL SHENGAL. Anche se questi titoli riducono ancora il potere d’acquisto per i fumetti a un ventesimo negli ultimi vent’anni, sappiatelo. Si legge sempre meno, dicono. Grazie al ca
Fonte foto: dalla rete.
NO SLEEP TILL SHENGAL, © 2022 Zerocalcare-Bao Publishing
Davvero
Le novità davvero attese. Davvero l’ho aggiunto io. Cosa aspettiamo davvero?
Aspettiamo un mercato sano. Composto di prodotti soprattutto nostrani (non perché non ami quelli esteri, ma perché vorrei poter dire che il nostro mercato esiste realmente), dove autori capaci (e ce ne sono, eh!) possano produrre materiale di grande qualità nei tempi adeguati a poterlo fare. Con prodotti con un prezzo normale (non da pornolusso come quelli attuali) e che quindi possano tornare a vendere a tutti, non solo a un’élite come ora.
A quel punto mi sentirò di parlare davvero delle novità attese in autunno.
Note
*nota: 10mila copie vendute sono decisamente poche per sostentare un mercato sano.
**Come dite? Graphic novel è maschile? Informatevi meglio.
***No, davvero, tutto. Non importa che pensiate che 4,40 € siano ancora un prezzo popolare per Dylan Dog: il potere d’acquisto per i fumetti si è abbassato a circa un quarto negli ultimi vent’anni, e questo solo per quel che riguarda i prezzi, appunto, popolari (che sono ormai una esigua minoranza delle uscite). Se prendiamo in considerazione i prezzi delle uscite da libreria si è abbassato in media di circa 12 volte. Avete presente quando si dice che si legge di meno? Ecco, diciamo che si legge dalle 4 alle 12 volte in meno.
****anche se pure questo meriterebbe un articolo a se stante. Tra albi che escono solo per pagare le spese e che poi producono davvero utile solo quando vengono ristampati in volume, albi che non si pagano le spese ma servono da base per creare il film collegato, e albi che non si pagano e basta ma che vengono prodotti solo per ridurre le spese di stampa ci sarebbe da fare un discorso bello lungo.
Laureato in Belle Arti, grafico qualificato specializzato in DTP e impaginazione editoriale; illustratore, pubblicitario, esperto di stampa, editoria, storia dell’arte, storia del cinema, storia del fumetto e di arti multimediali, e libero formatore. Scrittore e autore di fumetti, editor, redattore web dal 2001, ha collaborato e pubblicato con Lo spazio Bianco, L’Insonne, Ayaaak!, Zapping e svariate testate locali.