Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio

Rita Atria, la settima vittima

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Rita Atria, pur cresciuta in una famiglia affiliata a Cosa Nostra, scelse di combattere quel sistema. Sulla sua strada incontrò Paolo Borsellino che seppe infonderle fiducia e aiutarla nel suo percorso. Dopo aver perso il padre e il fratello per mano della criminalità, perdere anche il Giudice Borsellino fu per lei impossibile da sopportare.

La famiglia

Rita nasce a Partanna, in provincia di Trapani, il 4 settembre 1974. Il padre, Vito, viene ucciso nel 1985 in un agguato di Cosa Nostra. Questo rafforza il legame di Rita, allora undicenne, col fratello Nicola e la cognata Piera Aiello. Anche Nicola, come il padre, è un mafioso e da lui riceve confidenze sugli affari e le dinamiche dell’ambiente in cui milita. Nel giugno del 1991 Nicola viene ammazzato davanti alla moglie che denuncia i due assassini decidendo di collaborare con la polizia.

Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio

Fonte foto: antimafiaduemila.com

La scelta di cambiare vita

Per Rita è un momento difficile. Al dolore per la perdita del fratello si aggiunge una profonda crisi di coscienza che la porta a scegliere di non stare dalla parte della mafia. A novembre del 1991, seguendo l’esempio della cognata, si rivolge alla magistratura per denunciare gli assassini del padre e del fratello. Rita ha solo 17 anni ed il primo magistrato a raccogliere la sua deposizione è Paolo Borsellino, all’epoca procuratore di Marsala. In lui Rita trova la figura paterna persa quand’era bambina e a lui racconta tutti i segreti sulla cosca cui appartenevano il padre e il fratello.

Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio

Fonte foto: impagine.it

Gli arresti

Le testimonianze di Rita Atria e della cognata Piera Aiello contribuiscono a favorire l’arresto di alcuni mafiosi di Partanna, Sciacca e Marsala. Viene, inoltre aperta un’inchiesta su Vincenzino Culicchia, sindaco trentennale di Partanna e deputato democristiano. L’essere diventata testimone di giustizia, figura che verrà riconosciuta con la legge n. 45 del 13 febbraio 2001, le costa la rinuncia a tutto, compreso l’affetto della madre, della sorella e del fidanzato. Il paese intero la isola trovando disonorevole il suo aver rotto il muro di omertà imposto da Cosa Nostra.

Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio

Fonte foto: lacnews24.it

Il suo diario

Rita deve trasferirsi a Roma, in una casa protetta, e sotto falso nome. È  costretta a vivere chiusa nel suo rifugio. Lì  scrive considerazioni davvero sensibili nel suo diario:

“Bisogna rendere coscienti i ragazzi che vivono nella mafia che al di fuori c’è un altro mondo, fatto di cose semplici ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di quello o perché hai pagato per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare? Se ognuno di noi prova a cambiare forse ce la faremo”.

Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio

Fonte foto: laleggepertutti.it

L’attentato di Via D’Amelio

Il 19 luglio 1992 il giudice Borsellino muore, con la sua scorta, nella strage di Via D’Amelio. Per Rita è un colpo durissimo che segna in modo fatale la sua vita. Il 26 luglio 1992 decide di togliersi la vita gettandosi dalla finestra dell’appartamento in cui viveva a Roma.  Qualcuno, in verità dubita che sia stato davvero un suicidio. Rita viene spesso ricordata come “la settima vittima di Via D’Amelio“.  Nel suo diario lascia scritto:

“Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”.

Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio

Fonte foto: iovivoapalermo.it

Il funerale

Il giorno del  funerale il corteo che segue la sua bara bianca è composto solo da giornalisti, fotografi, da pochi esponenti delle associazioni antimafia e da qualche magistrato della procura di Marsala.

La madre non è voluta andare. Nemmeno davanti al suo gesto estremo ha saputo “perdonarla” per aver raccontato quello che sapeva sulla mafia. Qualche mese dopo, a novembre, si recherà presso la tomba della figlia ma non per pregare. Con un martello distruggerà la lapide che reca la foto della figlia e la scritta “La verità vive”.

Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio

Fonte foto: fanpage.it

Rita Atria merita il nostro ricordo per la sua volontà di combattere un sistema culturale omertoso che permette alla criminalità di operare indisturbata. In alcuni articoli si parla di lei come di una “pentita di mafia” ma lei non aveva nulla di cui pentirsi e non deve essere così ricordata. Rita era una testimone di giustizia. Questo è il suo titolo. Che Dio perdoni sua madre.


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