Spunta per il viaggio verso ovest: Claudio Dal Pozzo

“Spunta per il viaggio verso ovest”: Claudio Dal Pozzo

Fonte foto: Claudio Dal Pozzo

Spunta per il viaggio verso ovest: la luce delle “parole biologiche”

Spunta per il viaggio verso ovest (Arcipelago itaca 2022), raccolta poetica di Claudio Dal Pozzo (Verona 1967), lascia sentire sulla pelle il sole in discesa, lontano, nascosto, a fine corsa con “noi / troppo stanchi la testa tra le mani vissute/ a metà nel tempo e nella pienezza”.

Spunta per il viaggio verso ovest: Claudio Dal Pozzo

Eppure, nonostante il buio che logora il presente e minaccia il ricordo con la violenza del salto generazionale, dagli “accendini” al “tappeto di smartphone”, in tutte le sezioni (UN MOLESKINE GIÀ SCARABOCCHIATO, ISOL-AZIONI, PREGHIERE LAICHE, STANZA 76-1 e LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI) c’è una musica da ascoltare, un “pane di luce” nella nudità delle cose semplici: il “Giochiamo?” dei bambini, “cinque lampioni a singhiozzo”, il “profumo di mele”, il “bucato che unisce”, le “pantofole nuove”.

Da qui, un messaggio di “parole biologiche”:

“avessi la voce degli ultimi

 avessi la voce dei pazzi

 dei bambini dei vecchi

 di chi non ha studiato

 e offre parole biologiche

ti racconterei della gioia

 per una moneta

 una piuma d’uccello

 un lecca lecca

 le pantofole nuove

 un aforisma letto sul rotocalco

 dal parrucchiere”

Macchie pittoriche quotidiane

La concretezza, spiazzante e salvifica, di macchie pittoriche quotidiane intingono il “pennello” della scrittura di Dal Pozzo, poeta e artista visivo, nel battito della materia, nella “nafta” e nel “soffio forte”:

“…il canto del motore lo coglieremo

con l’orecchio assoluto del meccanico

dal toni* liso e le unghie nere

 

non avremo sonde elettroniche

 per diagnosi in officine asettiche

solo un pennello di nafta e un soffio forte

 

* Dialettale: tuta da lavoro.

Con umiltà e attenzione, attrezzi d’officina auscultano i colori della vita, si prendono cura degli oggetti di strada, sapendo che “in fondo al cartoccio” si trova “la mattina”.

Immagini di “miseria” e “grandezza” aprono segni sul domani, con la percezione di un attraversamento mai sterile:

“…hai visto oggi la miseria e la grandezza

di cui sono capaci gli uomini

vedrai domani la chiocciola

che ha attraversato il prato

la gemma del ciliegio pronta a scoppiare

la polvere che ancora attraversa la luce”

Così custodire un contatto con l’Altro restituisce una presenza attiva libera da ogni ostentato eroismo, una preghiera laica verso “quel che resta di buono / nell’uomo per l’uomo”.

“credo a chi sfama e copre altre vite

senza appellarsi a gerarchie e divinità

 credo a chi taglia per primo il traguardo

 ma non ha pose di campione imbattibile

credo a chi perde l’ultimo treno

per asciugare le lacrime di uno sconosciuto

credo a una tromba jazz con la sordina

che si adatta negli spazi liberi tra sigari e whisky

credo al radicchio di campo agli gnocchi di malga

e anche a patatine con ketchup alla festa della birra

credo agli appunti di gesso sopra abiti su misura

alle piaghe dei bambini che cuciono jeans H&M

credo alla capriola di una pagina girata dal vento

 

a quel che resta di buono

nell’uomo per l’uomo”

Musica e ossigeno

Rifiutando una dimensione asettica, dove il tempo sembra scorrere senza respiro, i versi di Dal Pozzo  si succedono praticamente privi di punteggiatura, in procinto di riscoprire il ritmo di un mondo sommerso. Questo “viaggio” destinato a “ovest” si dispiega in una dichiarata scelta di musica, con un’ampiezza di tonalità e generi che ben aderisce a una realtà polifonica:

“…vivere è così

un colpo alla ruota della sintonia

stazione rock

stazione pop

giornale radio…”

Peculiarità della raccolta è infatti una costante musicale, manifesta non solo a livello di forma e contenuto poetici, ma addirittura mediante l’inserimento di link youtube di brani e clip sotto alcuni testi:

sono come la chitarra di Gary Moore

 che piange su passerelle parigine

come il tappo a corona del whisky

che stasera è oliato da tanto che ruota

[…]

sono come il silenzio che abita questi locali

comprime i timpani con decibel di jet

Parisienne Walkways, Gary Moore, 1998 https://www.youtube.com/watch?v=vkUpfw4Hf3w

Esperienze e note si stringono in un forte parallelismo, esternando una richiesta d’aria oltre la visibilità del sole, l’affaccio cieco di una finestra ospedaliera. In questo modo il suono disperato e alienante dell’”ossigeno che gorgoglia nell’ampolla” si materializza in una sorprendente “fontana zen”:

“meditazioni

 

l’ossigeno che gorgoglia nell’ampolla

è la fontana zen notturna e ospedaliera

i cicalini delle fleboclisi in esaurimento

e quelli azionati da pazienti cardiopatici

provano maldestri a rimpiazzare gong

non si potrà nemmeno fare il saluto al sole

la finestra dai grandi vetri è esposta a ovest

le tapparelle elettriche comandate dalle oesseesse*

* OSS: operatrici socio-sanitarie.